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RECENSIONI ai LIBRI di TOMMASO MAZZONI
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A titolo didascalico, riporto qui di séguito, IN ORDINE CRONOLOGICO, tutti i titoli dei miei dieci libri con a fianco le annate di riferimento:
LIBRO 1 IL RIFUGIO NELL’ANIMA (1960-1979)
LIBRO 2 IL GRIDO D’ALLARME (1952-1989)
LIBRO 3 COSÌ IL TEMPO PRESENTE (1981-1995)
LIBRO 4 UN BICCHIERE MEZZO VUOTO (1995-1997)
LIBRO 5 QUALCHE TENTATIVO (1997-1999)
LIBRO 6 ALFA, ANZI, OMÈGA (1999-2000)
LIBRO 7 QUESTO NUOVO MILLENNIO (2001)
LIBRO 8 CHI (RI)COSTRUIRÀ LA RAGIONE? (2001-2004)
LIBRO 9 QUASI UN DIARIO (2005-2009)LIBRO 10 L'INVOLONTARIO SOGGIORNO (2009-2012)
“Se mi accingo a scrivere i ricordi della mia vita, non lo faccio per
vedere attoniti e a bocca spalancata i popoli del globo al racconto delle
mie gesta […] scrivo per voi,
perché so che dagli avvenimenti della vita d'un uomo, chiunque esso sia, vi è
sempre qualcosa da imparare”.
Renato Fucini (Monterotondo Marittimo, 1843 - Empoli, 1921).
- Scrivo. Quanto più possibile semplicemente. E senza intenzione di “far letteratura”.
La scrittura è un mezzo; non un fine, almeno nel mio caso.
Secondo Mark Twain potrei anche aggiungere: "Ho fatto in modo che la scuola non interferisse con la mia istruzione".
Naturalmente - sia chiaro - io non mi libro certo a tali altezze... pur invitandovi alla lettura di queste mie piccole creature. Ringraziandovi.
Tommaso Mazzoni (Vinci, 1928).
Sono tutti quanti i miei libri, che volentieri sottopongo alla vostra lettura ed al vostro giudizio.
La presente foto mi è stata scattata all'improvviso
dal caro amico Roberto Cecchi,
che ringrazio anche da questa pagina.
TOMMASO MAZZONI Dpro
Membro O.N.A,S. e S.I.A.E
PERSONALE - PROPRIETÀ RISERVATA
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Nella mia qualità di autore dei testi qui offerti in lettura gratuita,
AUTORIZZO
indistintamente ciascun lettore ad operare fin da questo momento ai fini della diffusione altrettanto gratuita dei miei libri, nel senso sopra suggerito, con l'intesa che non vengano apportate modifiche ai testi senza mia autorizzazione scritta, e senza alcuna reciproca pretesa.
È ammessa l'eventuale stampa parziale o totale di ciascun libro soltanto per uso familiare o confidenziale, e purché ne venga correttamente citato, completo e per esteso, il nome dell'autore, ossia il sottoscritto.
Grazie,
Tommaso Mazzoni.
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"Sono conscio dello stato della mia ignoranza e pronto a imparare da chiunque, indipendentemente dalla sua qualifica". Isaac Asimov (1920-1992), biochimico, scrittore e divulgatore scientifico.
"[...] mi ispiro di tutti i grandi, ma anche di quelli che non sono bravi, perché anche con quelli che non sono bravi ogni tanto si può trovare qualcosa di buono [...]". Roberto Alagna (n. 1963), tenore lirico (dall'intervista di Stefania Riccio su Rai International; clip del 2004).
È impensabile, e oltretutto restrittivo, che un autore possa usare esclusivamente dati propri. Anzi, il sostantivo plurale dati - tratto dal participio passato di dare - non potrebbe neppure essere considerato di concezione e nascita spontanea. Pertanto, a parte le intuizioni e le ideazioni, tutto ciò che troverete nei miei libri può essere stato desunto da:
- osservazioni e deduzioni personali;
- letture di autori antichi, moderni e contemporanei, anche non di lingua italiana;
- letture, anche dall’web, di articoli sui più svariati argomenti, di giornali, settimanali e riviste;
- letture di newletter di istituti e organizzazioni dalle caratteristiche culturali e informative;
- letture di pagine web e post su spazi virtuali su reti di server interconnessi (newsgroup);
- consultazioni di monografie ed enciclopedie cartacee e digitali;
- acquisizioni di carattere artistico: concerti, teatro, musei, mostre, esposizioni;
- ascolti di registrazioni su cassette, cd-rom, videocassette, dvd, ecc.;
- lezioni seguìte attraverso reti e canali culturali radio e TV, soprattutto satellitari;
- colloqui e scambi di opinioni con persone di varie estrazioni socio-culturali;
- convegni, conferenze, visite guidate e singole lezioni di docenti, ascoltati personalmente.
In altre parole, sebbene involontariamente, ho rispecchiato il pensiero dei due Autori che cito qui di seguito, scoprendomi coerente sia al pensiero del Nobel Bertrand Russell (1872-1970), sia al cantante di Salsa Rubén Blades (n. 1948). Coloro affermano, rispettivamente, che “In ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato” e che “Si possono percorrere / milioni di chilometri / in una sola vita / senza mai scalfire / la superficie dei luoghi / né imparare nulla / dalle persone appena sfiorate. / Il senso del viaggio / sta / nel fermarsi ad ascoltare / chiunque abbia una storia da raccontare […]”.
Ho letto più di recente ("postato" da Forbidden sul blog di Farfallina) anche che “il cammino percorso è nulla, se lo compariamo con i tempi dell’universo che ci circonda e a cui, di certo, dobbiamo la nostra esistenza” .
Anche il mio viaggio, certo, è stato tuttavia lungo (sempre relativamente), e dal punto di vista del mio apprendimento anche alquanto proficuo. Spero perciò, oltre a trovare chi mi ascolti, di averlo anche saputo alla meglio raccontare.
Tommaso Mazzoni.
Ringrazio della cortese attenzione riservatami e, anche a coloro che s'imbatteranno sia pure per caso in questa pagina, auguro buona lettura e porgo i migliori saluti,
Tommaso.
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L'autore: Tommaso Mazzoni.
RECENSIONI E COMMENTI
RECENSIONI ai LIBRI di TOMMASO MAZZONI
«IL RIFUGIO NELL’ANIMA»
Stampato a suo tempo (nel 1979
e nel 1980 da Gabrieli Editore in Roma), di questo libro, per chi possa
interessare, è possibile leggere alcune recensioni e frammenti di liriche che
riporterò qui sotto.
Per chi desideri prendere
contatto con me per osservazioni su questo o altri miei scritti, sarò ben
lieto di rispondere alle eventuali domande o richieste. Riporto pertanto il mio
indirizzo di posta elettronica:
Tommaso Mazzoni - e-mail: thi5htm@alice.it
- tel. vox/fax: (+39) 0571 83109.
Eccovi, pertanto, qui di
seguito, alcune recensioni relative a questa pubblicazione, che ha ottenuto, con
mia grande soddisfazione, inattesi, benevoli consensi.
Composta da Aldo Menichetti,
esimio studioso dell’Università di Friburgo, in Svizzera, prima di tutto, la
"Presentazione"; più sotto, le recensioni:
PRESENTAZIONE
di Aldo Menichetti
Sono, queste che
seguono, poesie suggerite da circostanze reali, scritte da luoghi diversi e
implicanti, per così dire, un destinatario immediato. Non sono invece "poesie
d’occasione": la loro motivazione non è, in fondo, d’ordine strettamente
personale né, tanto meno, estemporaneo. Nascono, certo, a specchio di esperienze
private e irripetibili, riflettono incontri e scontri (l’attività stessa
dell’autore comporta che egli abbia, in luoghi e a livelli fra loro anche molto
distanti, i contatti più eterogenei), situazioni vissute, impressioni, pensieri
suscitati dal quotidiano confronto con l’esistenza; tuttavia esse tendono
invariabilmente a proiettarsi come esperienze in qualche misura esemplari,
portatrici di un significato che travalica la sfera dell’individuale e che
dunque, proprio per questo, vale la pena di non perdere, di
comunicare.
La raccolta, al di là dei valori prettamente letterari di cui è ricca, riesce a trasmettere - senza ingenui entusiasmi o schematiche semplificazioni, anzi con la dolorosa e critica lucidità di chi ben conosce e accetta i limiti imposti alla condizione umana - la sincerità di un’ansia morale; cioè, in un mondo per tanti aspetti così disumano, una speranza, un segno di salvezza. Perciò il discorso rifugge da preziosità formali: scarno, evita i facili manierismi, la ricerca di effetti; la musicalità, nel senso di un gusto ritornellante o di una compiacenza per i valori fonici, è, salvo rare eccezioni, proscritta ed è la sintassi che piega a sé il ritmo del verso; se il pensiero frequentemente si anima, l’espressione si mantiene contenuta, invitando a riflettere.
Sotto tale segno, si vorrebbe che il volumetto fosse non solo gustato, ma anche meditato.
Quella che vi trascrivo subito qui di seguito è di Donato Accodo, e apparve sulle «Edizioni Italiane di Letteratura e Scienze - EILES» di Roma (pagine 106/109), in «profili critici di scrittori contemporanei per la storia della letteratura italiana»:
Con «IL RIFUGIO NELL’ANIMA», raccolta di poesie edite nel 1979, Tommaso Mazzoni esprime una sentimentalità che è anche aspirazione ad affetti sentiti, con predilezione del sogno al reale, come del resto tutti i poeti di alta sensibilità, sempre inclini a vagheggiare dolci immagini in attesa di una realtà che si compia nel segno della fratellanza e in opposizione alla violenza e all’indifferenza.
Con linguaggio semplice egli è più vicino alle espressioni di poesia lineare, rifiuta evanescenze linguistiche e scialbi esibizionismi alla moda, in un mondo che lo isola e lo rattrista.
Tale il mio io,
improtetto ed incapace
di trovare difesa
in un mondo di gelo,
di piogge e di calura,
di insidie e di conflitti.
Da «Crisalide»
Niente accademismo, quindi, in una tradizione aulica della poesia, bensì propositi di evidenziare le dolcezze della natura, la vita di sacrifici, gli stenti, le miserie e le desolazioni che in passato hanno costretto frange sociali a vivere emarginate, e nel presente, a difendersi dalla masnada di uomini senza scrupoli, che insanguinano le strade con i loro misfatti, arrecando lutto e costernazione tra quanti non demordono all’intimidazione di un potere occulto e all’insipienza di governanti che respingono ogni richiamo alla logica e all’invito obiettivo a svincolarsi dagli ammuffiti schemi clientelari e dai fertili orti di un’insana politica devastatrice di beni morali e materiali.
Desideroso perciò di vivere lontano da certi intrighi a lui non confacenti, il Mazzoni fa intuire verità naturali, respirare un’aria di decantazione serena, senza voli pindarici, orgogliosamente rincattucciato nel suo mondo fatto di aneliti e di speranze, di trepidanti attese in stato di opprimente solitudine.
Ho vinto la fame e la sete,
il freddo e il caldo cocente,
ho vinto i miei sentimenti:
ho conquistato tutto.
Niente mi ha piegato...
fuorché la solitudine.
Da «Misantropia»
C’è nell’autodidatta di Vinci una tendenza ad allargare i suoi orizzonti sentimentali con una realtà di bellezza da donare agli altri. A volte, senza indugio rompe il cerchio della sua vita appartata per descrivere fuggevoli sensazioni di intima aspirazione ad una tranquillità senza fine, privo di condizionamenti terreni, spiritualmente disposto a liberarsi dei fastidi del suo misero corpo, pur di godere la pace silente di un regno senza tempo.
. . . . . . . . . . . . . . . .
Esistere potrei, certo, ma spoglio:
senza questa mia fragile, degradante soma,
in puro spirito, non importa il luogo,
lo spazio, il tempo, o la dimensione...
ma tanto, tanto meglio assai,
affogare nel nulla e scomparire,
profondamente, per sempre, nell’oblìo.
Da «Tanto meglio assai»
Il Mazzoni ha una grazia poetica che coglie più da vicino verità inerenti alla vita dell’uomo nella gamma delle sue manifestazioni esistenziali, e la dimostra però maggiormente nella capacità di esprimere, con la linearità che lo distingue, gli accadimenti umani di ogni giorno, con una semplicità espressiva e con tanto spirito di osservazione da far credere di voler quasi fermare la realtà delle cose nel momento in cui, per descriverla, ne coglie l’intimo significato e ne percepisce sensazioni di dolorosa constatazione.
Non mancano nella poesia del Nostro note di malinconia ora contenuta ora più manifesta, e diremmo che, specialmente per questa, si possano rilevare particolari che evidenziano la vita del poeta e la sua scelta per i temi semplici e molto vicini al suo cuore: la famiglia, gli affetti più cari, l’amore per la sua terra, il pianto per essa, il giorno dell’addio e la gioia in quello del ritorno.
Giovane,
pieno di speranze,
ti lasciai,
terra dei miei avi.Solo,
in un mondo tanto lontano,
mi ospitasti,
terra sconosciuta.
. . . . . . . . . . . .Cara,
cara mia terra ritrovata,
riservami, ti prego,
un posto,
quel posto
che forse,
per l’amore che nutro per te,
credo di meritare ancora.Da «Il ritorno»
Ma la sua caratteristica poetica è, ripetiamo, nella capacità di esprimersi, nel dare la giusta misura della sua modesta fierezza di uomo libero e integro nell’esternare i nobili ideali che lo animano.
È quanto è racchiuso in «Scalfitture», in un colloquio accorato da cui traspare delicatezza e meditazione.
Ogni sprazzo di odio,
ogni tentativo di inganno,
ogni atto di orgoglio
è un atto di guerra.
Come vorrei che l’umanità
fosse figlia mia
e sapesse comprendermi
come mi comprendi tu!RECENSIONE DI CARLO ROVINI
FRESCHI DI STAMPA
«IL RIFUGIO NELL'ANIMA»
Il mondo poetico di Tommaso Mazzoni
Tre validi motivi per leggere «IL RIFUGIO NELL’ANIMA», Gabrieli Editore, liriche di Tommaso Mazzoni, ancora fresche di stampa: perché poeta, perché amico, perché empolese.
In un mondo in cui la gente pensa, o ha già provveduto, a costruirsi il rifugio antiatomico per dar ricetto al corpo, c’e qualcuno che, ben più saggiamente, ha pensato di costruire, per sé e per gli altri, un rifugio dell’anima.
Un angolo cioè dove ripararsi dalla violenza, disintossicarsi dal vizio, un’oasi per meditare su problemi di natura esistenziale, un’isola dove rinverdire i ricordi, per credere, fortissimamente credere nei valori della famiglia, dell’amicizia, degli affetti più cari, oggi, purtroppo, caduti in disuso o svalutati al pari di certe monete.
Le poesie di Tommaso Mazzoni, come scrive nella prefazione al volume Aldo Menichetti, "Nascono, certo, a specchio di esperienze private e irripetibili, riflettono incontri e scontri (l’attività stessa dell’autore comporta che egli abbia, in luoghi e a livelli fra loro anche molto distanti, i contatti più eterogenei), situazioni vissute, impressioni, pensieri suscitati dal quotidiano confronto con l’esistenza; tuttavia esse tendono invariabilmente a proiettarsi come esperienze in qualche misura esemplari, portatrici di un significato che travalica la sfera dell’individuale e che dunque, proprio per questo, vale la pena di non perdere, di comunicare.
La raccolta, al di là dei valori propriamente letterari di cui è ricca, riesce a trasmettere (...) la sincerità di un’ansia morale; cioè, in un mondo per tanti aspetti così disumano, una spe-ranza, un segno di salvezza".
Quando un poeta prende la decisione di estrarre dal cassetto i propri appunti, le segrete confessioni, i più intimi pensieri, compie spesso un atto di coraggio verso se stesso e di generosità verso gli altri. Non resta per ciò che leggere questi versi, scritti anche per indurre alla riflessione su certi problemi che concernono questa nostra epoca così tanto travagliata. E se qualcuno riuscirà a trovarvi la medicina per la propria malinconia, insoddisfazione o angoscia, tanto di guadagnato: la poesia compie, sovente, anche di questi miracoli.
CARLO ROVINI
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(Dal quotidiano "La Nazione" di Firenze, cronaca di Empoli, di martedì 29 Gennaio 1980).
Altra recensione la traggo dal N. 4 dell’aprile 1980 (pagine 617 e 618) della Rivista mensile «L’AMMINISTRAZIONE ITALIANA». Il Comitato Direttivo della medesima risulta composto dall’Avv. Antonio Romano (Presidente della Commissione Tributaria di Milano) e dal Dott. Giovanni La Torre (Consigliere della Corte dei Conti).
In una rubrica all’uopo dedicata, questa Rivista si è pure interessata al mio libro, con mio grande piacere. Vi trascrivo il testo integrale di tale commento:
Da tempo non assaporavamo il piacere di liriche capaci di far vibrare le corde più intime del sentimento e, perché no?, del cuore; e, perciò, la lettura, tutta d’un fiato, delle 62 poesie raccolte ne Il rifugio nell’anima ci ha riportato indietro nel tempo quando meditavamo sulla tristezza trasparente dei versi pascoliani per via d’una cavalla che ritornava a casa con colui che più non ritorna.
La tristezza dei versi di Mazzoni assomiglia molto a quella, anche se più contenuta, ma forse più eroica o più realistica di fronte alla indifferenza della gente ed all’amara constatazione che perfino di fronte alla morte di un padre, di uno sposo o di un nonno la vita continua.
In ognuna delle sue poesie il Mazzoni ha una venatura di mestizia che identifica il suo «io» improtetto ed incapace di trovar difesa, in un bimbo senza mamma e che lo porta a rinvenire, come esempio, per una più corretta vita, le fattezze di un vecchio, stanco, ammalato, incerto, caduco e solo.
Questa solitudine egli teme quando sconosciuto e straniero ritorna nella sua terra, culla che gli vezzeggiava i sonni da bambino, alla ricerca di un posto che crede di meritare ancora.
Tuttavia, un profondo senso religioso della vita pervade alcune poesie ove spesso il lirismo della constatazione cede il passo al credo fideistico e misterioso, facendo del suicidio di una creatura sgraziata fisicamente e perciò infelice, il giorno più triste per aver irrevocabilmente condannata la sua anima per l’eternità.
Questo sentire la sacralità della vita ritorna spesso nei suoi versi: nell’invocazione dell’antimateria perché lasci che la vita presente e che verrà resti almeno finché l’uomo può aver vita e nello stigmatizzare colui che decreta la sua morte togliendosi la vita ricevuta da coloro che, strumenti di natura, avviarono, unendosi, il suo essere.
Su questo filo di tristezza, ora velato, ora esplodente senza ritegni, il Mazzoni conclude la sua raccolta con una invettiva contro quelli che gli hanno schiusi gli occhi a realtà capaci di cancellare immagini e credenze ingenue e bambinesche, ma, purtuttavia, così gratificanti quali il credere le meteoriti lacrime del Santo Lorenzo nella notte delle sue sofferenze sull’infuocata graticola.
È un complesso di poesia vera, nel quale le immagini di quel che siamo noi si avvicendano come in un caleidoscopio che gira, gira, mosso da mani sconosciute di cui, però, è avvertita la costante immanenza.
È una lettura che rende pensierosi e ad un tempo speranzosi, perché dà la misura della realtà umana consolata dalla conoscenza che «oltre la morte adesso... c’è la vita!»,
Segnaliamo ai lettori di questa Rivista l’esperienza poeticamente vissuta dal Mazzoni, il quale, coerentemente con il messaggio di speranza lanciato con i suoi versi, si è proposto con il suo volumetto un fine altamente umanitario, destinandone il ricavato alla «Lega per la lotta contro i tumori (l’attuale LILT - n.d.r) ».
A.R.
AGENDA EMPOLI
Quotidiano "La Nazione" - LETTERATURA - Il poeta, musicista e saggista empolese presenta la sua attività
Musica e poesia di Tommaso Mazzoni conquistano il mondo di internet
Compositore di musica, musicista e
autore di otto libri di poesie: è Tommaso Mazzoni, classe 1928, vinciano per
nascita, empolese d'adozione, una fucina di idee e di creazioni umanistiche.
Passioni, quella della letteratura, della musica e delle lingue, che ha
sviluppato da autodidatta, dopo aver compiuto studi scientifici. Nella musica ha
conseguito lusinghieri successi sia come esecutore che come compositore. Alcune
delle sue musiche, infatti, sono state trasmesse alla Rai, mentre dal '50 è
iscritto alla Siae e ha collaborato e collabora con case editrici musicali.
La sua
particolarità? Quella di stare al passo con i tempi, tanto da non limitarsi alla
divulgazione dei libri cartacei, ma di trasferirli per intero su internet, da
dove si possono scaricare. «Potranno essere scaricati gratuitamente perché sono
liberamente allegati alla mia pagina web – dice Tommaso Mazzoni – per questo
invito i lettori a collegarsi all'indirizzo
www.tommasomazzoni.it o
www.tommasomazzoni.eu ».
Ma
conosciamo più da vicino questo singolare artista eclettico.
Mazzoni,
la conosciamo come scrittore e compositore di musiche. Ha più pubblicato gli
altri suoi lavori di recente?
Stampati
di recente, no. In passato, però, ho avuto il piacere di vedermi pubblicare, in
due diverse edizioni, una raccolta di poesie. Si trattava di liriche, che
risalgono agli anni 1979/80. Per la precisione, la prima raccolta uscì nell'
ottobre '79, e la seconda nel giugno '80, entrambe esaurite.
Attualmente, in rete, vi si possono trovare tutti i miei libri, compreso il
primo cui alludevo, che saltuariamente aggiorno e modifico. Ma questo è un mio
vezzo».
Oltre a
scrivere poesie, Tommaso Mazzoni si è impegnato in campi più impegnativi quali
articoli su natura filosofica e psicologica e, talvolta, anche di carattere
storico. Quali sono i suoi libri e quale il senso delle sue ricerche ed il
significato che ha trasferito nei suoi libri, di questi suoi interessi?
«I libri sono otto: Il rifugio nell'anima, Il grido d'allarme, Così il tempo presente, Un bicchiere mezzo vuoto, Qualche tentativo, Alfa, anzi, omega, Questo nuovo millennio ed infine Chi (ri)costruirà la ragione?, che però non è finito. Ma non direi mai "che ho da completare", per scaramanzia (ora, però, c’è un ulteriore libro - fortunatamente per il suo autore -, essendo stato ultimato, e quindi aggiunto, anche Quasi un diario - n.d.r.). Ho inteso esporre il mio pensiero che muta a seconda della mia maturazione intellettuale, nonché in dipendenza degli eventi e delle loro modificazioni. Per la mia musica la cosa sarebbe assai più semplice: una composizione si ascolta e via, ma per voler registrare le considerazioni, le riflessioni e le estrinsecazioni di certi sentimenti, non è davvero semplice, dal momento che mi piacerebbe continuare ad essere serio. Non mi è né facile né semplice, descrivere un pensiero nel suo svilupparsi e moltiplicarsi nel corso dei miei tanti anni trascorsi. È proprio per tale ragione che ho deciso di pubblicare tutti i miei libri su Internet.
Dal quotidiano "La Nazione" di mercoledì 9 giugno 2004.
Straordinaria testimonianza d'arte e di vita - di Peter Patti - 19 ott. 2008
Tommaso Mazzoni
(www.tommasomazzoni.it) è un musicista toscano che in gioventù ha studiato anche
letteratura e lingue straniere. Dalla raccolta poetica "Il rifugio nell'anima"
(che Mazzoni dedica in specie "al giovane di domani") fino all'interessante
zibaldone di pensieri e considerazioni che reca il titolo "Quasi un diario",
sono qui raccolti tutti i principali scritti del Maestro.
A me sono piaciuti
in particolare "Un bicchiere mezzo vuoto" (1995-1997) e "Alfa, anzi omèga"
(1999-2000). Il lavoro di un compositore ha anche a che fare con la matematica e
mi pare che soprattutto in questi due libri risalti l'ordinata sovrastruttura in
cui debbono andare a sistemarsi (non necessariamente subordinandosi ad essa,
però) l'anima e i suoi liberi voli.
Essendo questa praticamente l'opera
omnia di un uomo che ha vissuto tanto e intensamente, il lettore vi incontrerà -
tra l'altro - personaggi del Tutti-i-Giorni davvero indimenticabili, poiché
Mazzoni, cogliendo l'umanità dei cosiddetti "simplices", riesce a descrivere con
grande abilità anche i suoi incontri "minori". Inoltre, trattandosi degli
scritti di un musicista, non potevano mancare i richiami (innumerevoli!) ai nomi
cari a tutti gli amanti di Euterpe: da Schoenberg a Busoni (Busoni Ferruccio,
nato ad Empoli e dunque concittadino di Mazzoni), ovviamente Mozart, Beethoven,
e, anche se "en passant", Liszt. Il tutto, si direbbe, sotto la supervisione di
Voltaire, quasi a voler esorcizzare il sempre incombente (soprattutto ai nostri
tempi) sonno della ragione.
>>>> Raccomandato!
P.S.: Oltre che musicista, Tommaso Mazzoni dimostra di essere, a tutti
gli effetti, un sopraffino linguista. Prove ne sono il suo perfetto uso
dell'italiano e le sue riflessioni sull'idioma di Dante ma anche sul latino e
sull'inglese. Un esempio su tutti: il suo quasi-essay "Parole protette"
contenuto nella raccolta "Un bicchiere mezzo vuoto"». Da Lulu.com
Commenti ai Libri di Tommaso Mazzoni
Commenti pervenuti
Avvertenza
Il presente scritto - in realtà composto da parecchie e
piuttosto dense pagine - è però corposamente assai più che un’annotazione come
le altre che avete letto: qui, infatti, vi ho riportato, per i diversi capitoli
relativi ai miei nove libri pubblicati ormai da qualche anno, anche parecchi
commenti conseguentemente suscitati dalle riflessioni dei lettori. Ho potuto
ovviamente riportare, però, soltanto quelli che mi sono pervenuti o che ho
potuto reperire sulle varie testate o sui blog in cui erano stati postati, o da
quelli che man mano avevo prudentemente “salvato” a suo tempo sui miei dischi
rigidi.
Mi scuso pertanto con gli interessati se di qualcuno dei
commenti comunque fatti non sono potuti giungere alla mia conoscenza e quindi
poterli riportare qui, dipendendo unicamente dal fatto che non ne sono stato
informato, o che io non sono stato in grado di reperire.
Nonostante tali difficoltà il lavoro è diventato man mano
piuttosto corposo. Ma occorre pure dire che, avendo queste pagine assunto
comunque un carattere marcatamente personale, chi non fosse interessato alla
lettura dei commenti (taluni, per il vero, tuttavia alquanto interessanti),
potrà saltare il presente capitolo - interamente o in parte - e, sempre se
vorrà, potrà proseguire la lettura del presente libro con il capitolo che
sussegue.
In virtù di, o nonostante ciò, qualsiasi scelta che farete al
riguardo della prosecuzione o meno della lettura del capitolo che avete sotto
gli occhi, vi porgo in ogni caso il mio anticipato grazie.
COMMENTI
“Una delle possibili definizioni giuste di scrittore”
“Una delle possibili definizioni giuste di scrittore, per
me sarebbe addirittura la seguente: un uomo a cui sta a cuore tutto quanto
accade, fuorché la letteratura”, afferma Elsa Morante (1912-1985).
Eh, no, Elsa. Non così. Anche se mi sono da sempre proclamato uno scrivente e
giammai uno “scrittore”, con le tue parole mi vai a toccare un tema che in me
ritenevo ormai già scontato. Ma mi hai fatto ulteriormente riflettere su quello
che ormai ritenevo un concetto assodato.
Ma sapete anche perché mi sono sentito di porre questo commento alla nostra cara
scrittrice romana? È dipeso dal fatto che, ormai da alcuni anni, un caro amico
epistolare, che chiamerò “X” (nel modo come chiamo tutti gli altri nel corso
della descrizione in questo capitolo come altrove); questo caro amico, dicevo,
ebbe a scrivere pubblicamente le seguenti, gradite parole: “[…] sono comunque in
grado di riconoscere la corretta intenzione del mio prossimo. È per questo che
apprezzo molto il lavoro che fai con la penna e con lo spirito […]”.
M’è venuta perciò l’idea di andare anche a rispolverare, in seno ai
numerosissimi file che formano il mio “archivio elettronico”, e, da quella sorta
di cappello magico, n’è uscito un sacco di più brevi o più lunghi commenti, che
neppure ricordavo più di avere! E sinceramente, almeno per la gran parte, li ho
trovati anche molto interessanti, oltre che dispensatori di alcuni buoni
consigli, che ho apprezzato.
Ho comunque evitato di riportare quei commenti che si limitano semplicemente a
calcare con qualche battuta i concetti già espressi da me o da altri. Salvo le
espressioni di saluto, ho tolto le faccine tipo J o :-) di cui qualche amico
aveva anche un po’ largheggiato; così pure i puntolini di sospensione, talvolta
trasformandoli in magari un unico punto esclamativo.
Non così ho fatto, invece, quando nel commento vi ho trovato suggerimenti
interessanti, o di nuova concezione, o comunque più “impegnati”, che hanno messo
così in risalto, con entusiasmo da parte mia, lo spessore dei lettori che hanno
voluto seguire i miei itinerari di osservazione e riflessione.
Già, osservazione e riflessione: è proprio questa la “molla”, combinata alle
parole di Elsa Morante sopra riportate, che mi hanno fatto prendere questa non
facile decisione: nella larga maggioranza si tratta infatti di commenti a favore
di quanto da me pubblicato, e ciò ha, inizialmente almeno, provocato i miei
tentennamenti. Meno male che vi è disseminata qua e là anche qualche critica o
osservazione, cui spesso ho doverosamente replicato, oltreché ringraziare.
Si tratta di commenti ai miei scritti, come avete compreso, scritti da me
pubblicati online da anni e presenti nelle biblioteche, sia in forma cartacea
che in e-book. Liriche, articoli e comunque capitoli, scritti perlopiù in modo
estemporaneo, che risalgono a cominciare dall’anno 1952 fino a tutto il 2009.
Sto allestendo anche un decimo libro, di cui ho anticipato la pubblicazione solo
online, il cui titolo, ormai definitivo, è “L’involontario soggiorno”, con il
sottotitolo “Spunti ed appunti occasionali - 2009-2012”.
Ora, più risolutamente di quanto abbia fatto fin qui, comincio a riportare la
sequela di detti commenti, suggerimenti, riflessioni da parte dei tanti lettori
che mi hanno onorato leggendo mie liriche. Per osservare la privacy di
ciascuno, li chiamerò tutti “X”.
I titoli dei libri in cui poter trovare i capitoli li porrò fra parentesi,
sùbito dopo il titolo di ciascun articolo.
Cercherò di esordire bene, con questi commenti, per cui riporto per primo quanto
scrive un amico lettore: «Ciao Tommaso, ho solo letto il tuo racconto che ha per
titolo: “La terremotata” (Il grido d’allarme). Mi sono bastate poche righe per
capire di essere di fronte a una personalità speciale e a uno scrittore vero.
Sai... è così raro incontrarne uno, anche in libreria. Mi sono fiondato sulla
pagina del tuo sito, che mi ha confermato l'impressione immediata e iniziale.
Scaricherò i tuoi scritti e li leggerò con l'apprensione che meritano […].
Anch'io scrivo, anche se da poco tempo, da quando il Padreterno, col suo solito
stile discutibile mi ha messo a gambe al cielo per quattro mesi, dopo un
malaugurato salto da un muretto che la mia mente si è sentita di fare,
contrariando un corpo che sa di non poterselo più permettere. Ci risentiremo
presto. Saluti. X».
«Tommaso, sai che voglio bene ai tuoi scritti, ma ancor di più a te. Un
abbraccio stretto». X.
«Per essere partito dagli studi tecnici devo dire che hai acquisito capacità
umanistiche ben superiori alla media! È amore ed è giustificato orgoglio sapere
di essere un anello della stirpe che ha il nostro dna». X.
Scrive l’amico X: «È così raro incontrare l’intelligenza che ha saputo
conservare il dono dell’esprimersi con delicatezza che, quando mi capita, provo
un delizioso piacere...».
Un altro caro lettore così commenta: “[…] un sito con tutti i tuoi libri è un
invito a nozze e mi confronterò volentieri, da dilettante assoluto, con la
produzione di un professionista. Grazie per l'indirizzo, ci farò senz'altro un
salto[…]”.
Al che, dopo un po’ di giorni, per e-mail, mi scrive il seguente, piacevole
commento del quale ringrazio caldamente l’amico lettore: “Scusa, ma te lo devo
dire: mi ha sconvolto la visita al tuo sito!
"Non avrei mai immaginato di trovare quello che ho trovato. Ho scaricato il file
zippato e subito ho iniziato a leggere: sensibilità e buona arte "scrittoria"
traspaiono fin da subito, bravo!".
"Mi ha fatto effetto leggere la tua data di nascita: abbiamo tra noi un
giovinetto di belle speranze che veleggia verso gli ottanta: porca miseria!
Metterei una firma per arrivare alla tua età con la carica che dimostri di avere
e la voglia, ancora, dopo qualche anno di "cura esistenziale", di metterti in
discussione e confrontarti con il mondo: è molto bello e positivo tutto questo".
"Proprio oggi parlavo con un mio caro amico, insegnante di educazione fisica,
che mi raccontava di come, alla prima lezione di quest'anno scolastico, dopo
venti minuti di teoria - solo teoria! - i ragazzi gli avessero chiesto di
riposarsi un po', perché erano "stanchi". E poi incontro chi, con buona pace dei
suoi anni, ha una voglia così grande di fare: il mondo è proprio vario!. Va
bene, non intendo rubarti altro tempo e mi fermo qui. Al piacere di rileggerti
presto, X”.
E ora - è Tommaso che “parla” direttamente - proseguo col riportare anche gli
altri fra quelli che sono riuscito a ritrovare entro i meandri dei miei dischi
rigidi. Se li voleste lèggere, attenetevi pure alle indicazioni che ho dato più
sopra: Commento a “Rubria Tertulla” (Il grido d’allarme): «Oltre che essere ben
scritta, l'ho letta con il piacere della scoperta. Grazie, dunque, per avermi
arricchito».
"Mi è piaciuto leggere la tua poesia e le tue postille. Grazie". Commento a “Un
vento fortissimo” (Il grido d’allarme).
"Confermo quanto già ti ho detto in privato: rimango ammirato di fronte ad una
cultura e ad una sensibilità che hanno pochi riscontri. Riferito a “Un vento
fortissimo” (Il grido d’allarme).
“Amo il vento. Di un amore contrastante, però... e ricorre spesso nelle mie.
Molto bella, complimenti!”. La frase è per “Un vento fortissimo” (Il grido
d’allarme).
"Sono onorato, o Poeta: quale onore! L’espressione non vuole essere men che meno
ironica: invece, lo confermo, mi ha fatto particolarmente piacere! Grazie".
"Scusa, ma dove te ne sei stato nascosto fino ad ora? Leggerti ed imparare: un
regalo! Commento a “La macchina umana” (Il grido d'allarme).
"Sei un fiume in piena e riesci a rendere interessante e colto anche un
argomento così poco... eccelso! Altro commento per “La macchina umana” (Il grido
d'allarme).
Nuovamente per “La macchina umana” (Il grido d'allarme), leggo con particolare
piacere il seguente commento: “Complimenti conditi con un po' di invidia per la
tua bravura colta”.
Il mio commento: E cosi, cara amica (e tutti gli altri cari amici lettori), mi
sono scoperto anche “bravo e cólto”: da ora in poi, perciò, sia chiaro, dovrete
darmi… del lei! (?!).
"Una pagina impegnativa da leggere ma che ti lascia una sottile magia
nell’anima…" Commento a “Girasoli” (Il rifugio nell’anima).
E di nuovo, per “Girasoli” (Il rifugio nell’anima), il seguente ben articolato
commento: “Ti sei scelto i mitici girasoli per offrirci un lavoro, quasi quasi
appesantito dal tempo e i tuoi pensieri: eppure mi risulta simpatica questa
commistione. Per il resto, di Cacciari non ne so nulla, e veramente ci vuole
arte, per destreggiarsi tra idee posizioni opinioni... senza far troppo male
alla fluidità, che il principio di ogni esistenza, presa singolarmente...come un
girasole”.
“Una pagina impegnativa da leggere ma che ti lascia una sottile magia
nell’anima. Un saluto”. Commento a “Girasoli” (Il rifugio nell’anima).
La delicatezza del Giappone, una ventata di oriente a versi. Commento a “A Ginza”
(Il grido d’allarme).
Per “A Ginza” (Il grido d’allarme), ancóra un simpaticissimo commento: “Adoro le
rime e gli endecasillabi, perciò ho apprezzato moltissimo questa tua. Un bacio
di addio che difficilmente potrai scordare. Ciao”.
“Fu bacio d'addio o di arrivederci?”, chiede il nostro commentatore riferendosi
alla breve lirica “A Ginza” (Il grido d’allarme). Cos’altro rispondere se non
con la più classica delle esclamazioni possibili: Curioso!
In realtà, caro amico lettore, ti dico sinceramente che il Giappone, così vicino
per Internet e le carte geografiche, mi è piuttosto lontano, ahimè…
Nuovamente per “A Ginza” (Il grido d’allarme), una simpatica esclamazione di un
altro amico: “Bellissimo, il tuo poetico ricordo!”.
Già, caro amico lettore: giusto un ricordo!
“Che bella poesia dolce e profonda. Commento ad “Avevo quattro anni” (Il grido
d’allarme).
Per “Avevo quattro anni” (Il grido d’allarme): “Il segno di un destino,
riconosciuto poi. Bello quando accade.
“Toccante e bellissima...” è il commento di un altro caro lettore, sempre
riferito ad “Avevo quattro anni” (Il grido d’allarme).
“Purtroppo questa tua interessante e ricca pagina rischia di non trovare un
riscontro nella realtà: quanti dei lettori di oggi potranno godere di una
qualsivoglia pensione con i lumi di luna che ci stanno? Amaramente”. Commento ad
“A riposo” (Il grido d’allarme). Cui segue la mia seguente replica:
In quasi vent'anni dalla data della scrittura di “A riposo”, tante cose sono
cambiate, certo, mi trovo d'accordo con te. Il mio auspicio è che possa avvenire
una virata verso la ricomposizione di sani valori e di retti costumi. Il lettore
attento, come del resto hai dimostrato di esserlo tu, sa usufruire della buona
farina scartando le parti magari un po’ stantìe. Mi auguro perciò, nella
consapevolezza di come è stato il mio mondo, che colgano le parti da valutare -
se ce ne sono - con cui magari confrontarsi. Chiamami pure utopista; forse lo
sono…”.
Grazie, X, per aver fatto da eco alla mia voce. Spero che il mio lungo ed annoso
lavoro possa servire a qualcosa. Continua a seguirmi e, se necessario, a
bacchettarmi. I tuoi strali non potranno mai farmi male. Il menefreghismo,
forse, potrebbe ferire. Quindi non tu. Con amicizia.
Tre commenti a “Non un perché” (libro Il grido d’allarme): “Un interrogativo che
non ha risposte, sapientemente esposto. Complimenti”. “Bella, molto vera!”. “A
me è piaciuta parecchio. Bravo!”. Ho sempre spiegata la non identità di questo
popolo che dopo la caduta dell'impero Romano è stato teatro di mille
approdi,spesso sanguinari anche perché i romani lo furono… dagli arabi ai
Vikinghi ecc... Concordo con la tua tesi. Commento a “Mamma, li Turchi!” (Quasi
un diario). È la mente umana che percepisce il caos perché non può vedere quello
che è invisibile ai suoi occhi. Anche un virus è una forma perfetta. È la paura
della fine o morte che inganna l'umano sentire. La vita umana è fatta per
ricerca della verità perenne celata dietro il limite imposto dai cinque sensi,
con gli strumenti che possediamo di cui l'intuizione creativa. La scienza può
compiere piccoli passi, a volte sufficienti per portarci ad un cammino evolutivo
superiore alle età precedenti. Ma siamo solo in cammino. Grazie per lo spunto
riflessivo datomi[…]. Commento a “Ricercari” (Così il tempo presente).
Alcuni commenti per “Quando dico che sono sincero” (Qualche tentativo): “...già
ma cos'è la verità? A volte è solo quella che vorremmo possedere”. “La verità è
soggettiva perché non esiste. Essere sinceri significa essere coerenti”. “La
verità esiste. A volte però ha velate sfaccettature che vengono travisate a
nostro piacimento. L'importante è - come si dice in un precedente commento -
essere sinceri e al tempo stesso coerenti. Ciao”.
“Credo che anche quando si ricerca strenuamente la cosiddetta verità, si possa
al massimo arrivare a qualcosa che le somiglia, ma mai alla verità assoluta, che
credo nessuno mai potrà affermare di possedere. Ciao!”.
“La verità esiste. A volte però ha velate sfaccettature che vengono travisate a
nostro piacimento. L'importante è, come dice X, essere sinceri e al tempo tesso
coerenti. Ciao!” è un altro gradito commento a “Quando dico che sono sincero”
(Qualche tentativo). “Secondo me è scaturito spontaneamente nella scimmia quando
ha visto l'uomo herectus! Ciao”. È, questo, il breve commento dell’amico lettore
X, pur sempre gradito, all’altrettanto breve capitolo dal titolo “Applausi”
(Qualche tentativo). Ciao a te, amico X. “La pragmatica saggezza espressa dal
verro lascia senza parole!”, è il commento del caro amico lettore per il
capitolo “Come un cd-rom” (Qualche tentativo) Riferito a “Quando dico che sono
sincero” (Qualche tentativo): Ma sapete, amici, che mi fate felice, nel farmi
constatare che taluni miei pur modestissimi scritti possano suscitare così
intelligenti e interessanti commenti? Sono davvero grato a tutti voi che, in un
modo o nell’altro, lasciate una traccia sulle mie ormai numerose pagine; e
altresì grato - e anche riconoscente - verso chi ci ospita, per averci offerto
queste impagate e impagabili opportunità!
Un caro saluto a tutti. Tommaso Mazzoni.
Detto messaggio è indirizzato a Coloro che, avendo messo a disposizione il loro
blog, tutti noi che scriviamo ne abbiamo approfittato per pubblicare i nostri
lavori, con i relativi, altrettanto numerosi (e sempre graditi) commenti. Grazie
ancóra!
“Non potevo non scriverti io sono di Leuca!!! La tua poesia è bellissima.
Complimenti”. Primo commento a “Puglia” (Il grido d’allarme). “La mia amica Y ti
manda a dire che a Palese ha abitato per 17 anni di cui 13 proprio vicino al
Ristorante Da Tommaso. Mi dice di abbracciarti e di ritrovarsi in ogni parola
che hai scritto. E naturalmente ti abbraccio anche io”. Era, questo, un altro
commento a “Puglia” (Il grido d’allarme).
Non potevo rispondere che così: Grazie, amiche e amici, di tutte le vostre
espressioni di affetto. Mi pervengono da ogni parte, graditissime, parole che
avverto davvero sincere. A volte riuscite anche a commuovermi...
Non so cos'altro dire. Vi abbraccio affettuosamente, tutti, con il saluto
cordialissimo a ciascuna e a ciascuno di voi! Tommaso.
Per “Della stima” (Il grido d’allarme) ricevo il seguente commento: “E cosa ce
ne facciamo di un ruffiano che ci stima solo per farci piacere? Ciao”.
D’accordissimo, caro amico lettore: i ruffiani se si vuole si notano ed è allora
che ci comportiamo, o dovremmo comportarci di conseguenza. Grazie.
«Prévert, in una sua poesia (credo Barbara) afferma: "Quelle connerie la
guerre"! La lessi a 18 anni, l'età in cui si amano i poeti d'amore, ma quella
frase è sempre nella mia memoria quanto e forse più di tutte le poesie d'amore
che egli scrisse». Concordo pienamente con questo tuo monito. Ciao. Commento a
“Strascichi” (Il grido d’allarme).
Segue un commento di altro amico lettore, sempre per “Strascichi” (Il grido
d’allarme): “Guten Morgen! - riporta questo amico lettore - Le guerre lasciano
sempre brutti ricordi, si spera che servano ad evitarne altre. Ciao”. Come stai
leggendo e potrai leggere anche in altri miei scritti, ce la metto tutta per far
comprendere alla gente che “Tutto è perduto
con la guerra, niente è perduto con la
pace”, come disse Papa Pio XII nel 1939,
certo riferendosi ai roventi momenti che stavamo attraversando. Già, io
purtroppo c’ero…)! Ed
anche in precedenza, un altro Papa, ossia il
suo predecessore Benedetto XV, invano anche lui
aveva parlato della guerra come di «una inutile strage». Allora era il 1917. Ma
le stragi si sono puntualmente avute, e prima, con la prima guerra mondiale, e
poi con la seconda!
“È un racconto del 77? Una bella storia. Forse la scrittura non è
sempre agile, a volte sembra troppo macchinosa o didascalica ma l'afflato del
racconto c'è tutto... La frase sulle scarpe strette è davvero bella, dà maggior
valore al testo...”. Commento a Waterloo (Il grido d’allarme). Al quale commento
così replico: L’agilità nello scrivere, amico lettore, appartiene agli
scrittori. Per i dilettanti va già assai bene quando si riesce a farci capire.
La mia scrittura è, come noti, un po’ bambinesca, e perciò occorrerà un po´di
pazienza in più: di solito ne abbiamo con i più piccoli che non sanno bene
esprimersi. Mi auguro perciò che abbiate anche un po’ di pazienza, con me; anche
perché è da scartarsi l’idea che io possa finalmente “crescere”, e quindi
migliorare col passare del tempo: superati ormai gli “ottanta”, non penso
davvero che possa sussistere una qualche speranza, per cui, ormai, rassegnatevi,
o… smettete di leggermi (ma non lo dico convinto!).
Grazie di esserti occupato dei miei scritti, che più che bassi, sarebbero da
considerare “infimi”, se li volessimo limitare alla forma grammaticale e
sintattica solamente. Spero di sembrarvi un pochino più su, se valutàti
nell’insieme. Lo spero davvero.
Il seguente commento riguarda “Sentimenti e reazioni chimiche” (Il grido
d’allarme): “Beh è innegabile che ancora oggi ciascuno di noi umani i cosiddetti
feromoni, ovviamente in quantità ridotte rispetto ai tempi antichi. A parte che
oggi il tutto è coperto da deodoranti, profumi, bagnischiuma, arbre magique,
candele profumate, spray, etc. etc. etc... per cui capita di incrociare a volte
un'albicocca, una fragola o un pino silvestre... a parte questa considerazione,
tenuto conto che i maggiori produttori di profumi eccelsi (e carissimi) tengono
appunto conto di questo residuo prettamente animale che ancora abbiamo
conservato e stanno ben attenti a fare miscele che esaltino l'odore individuale
che ciascuno di noi emette, senza peraltro coprirlo totalmente, a parte questa
premessa credo che , al primo approccio, occasionale, sicuramente l'olfatto
possa incidere su un senso di attrazione o di repulsione, ma credo che la
reazione fisica non sia quella che fa scattare o precludere un sentimento
pre-esistente. I sentimenti scavalcano queste barriere olfattive, vanno oltre,
perché l'uomo pensa ed è appunto il pensiero, credo, associato alla gestualità,
agli sguardi, alla parola, che fa sì che l'attrazione si manifesti. Certo che,
per fare un esempio semplice, se tra due persone ci sono tutte le premesse di
segnali di sguardi, gesti e sorrisi e poi, all'avvicinarsi l'olfatto percepisce
odori sgradevoli (del tipo di chi non si lava, non di chi non si profuma), ogni
velleità in quel momento si smorza. Ma dopo. Non prima, perché è appunto la
mente che guida anche la chimica del corpo e l'attrazione fisica credo sia il
risultato di un'attrazione a monte, a livello mentale. O siamo solo bestie?
Questo è il mio pensiero. Ciao. Buona giornata”.
Per “Sentimenti e reazioni chimiche” (Il grido d’allarme) riporto anche il
seguente, breve commento: “Io dico che un po’ bestie siamo! Ma c'è di più. E per
fortuna!”.
Vero, caro amico lettore, non si può negare. E mi verrebbe da dire anche: …in
troppi casi persino un po’ troppo! “Il tema si presta a riflessioni
interessanti, ma non so se sono completamente d'accordo. Il naturale in genere è
grandioso di suo, siamo noi che non ce ne accorgiamo o non riusciamo a vederlo.
Un regalo ben infiocchettato, risulta più gradevole all'occhio e meglio esposto,
ma è il contenuto che deve rappresentare l'essenza del regalo, e quello può solo
essere naturale. Commento a “È naturale” (Il grido d’allarme). Cui segue un
altro interessante commento: “Parlare del naturale in un mondo sempre più
artefatto, che prende in considerazione quasi sempre esclusivamente quello che è
bello e piace, ti fa riflettere. Eppure io sento, io vedo, persone che amano il
naturale in tutte le sue forme e manifestazioni. Perché dunque ad esse è
preclusa la voce?”.
“Interessante; ed anche ricca la bibliografia. In quanto a farsi intendere più
volentieri dai porci, posso dirti che condivido: ritengo siano generalmente più
dotati di "spirito" e capacità di comprendere, di quanto non lo siano certi
eruditi, o anche solo "compresi di sé"! Commento al capitolo “Presentazione” (Il
grido d’allarme). “Toccante e bellissima..., Il segno di un destino,
riconosciuto poi. Bello quando accade e Che bella poesia. Dolce e profonda. Sono
commenti alla lirica “Avevo quattro anni” (Il grido d’allarme). “Accipicchia,
bella”. È il succinto, gradevole commento a “Surrogato di felicità” (Il grido
d’allarme).
Altro commento a “Surrogato di felicità” (Il grido d’allarme): “Certi ricordi
sono solo nostri e non possono essere compresi appieno dagli altri. Non perché
siano insensibili, ma per l'appartenenza assoluta di quei ricordi alla nostra
vita”. E un terzo: “Ricordi che tornano facendoci toccare la felicità che era,
anche se un surrogato la parola surrogato mi fa pensare ad altri aspetti non
troppo positivi”.
Per questo terzo commento posso precisare che quest’aggettivo non può mai
possedere una connotazione propriamente positiva: nel nostro caso, la posizione
in cui si sarebbe trovata la sua “lei” non potrebbe essere mai sostituito da
una… sì, da una meretrice. Quindi non posso che essere d’accordo con te.
“Oltre che essere ben scritta, l'ho letta con il piacere della scoperta. Grazie,
dunque, per avermi arricchito. Un caro saluto”. Commento a “Rubria Tertulla” (Il
grido d’allarme). Altro commento: “…e io che credevo che a Castrocaro ci
facessero solo i festival della canzone! Applausi!!!”. È il commento di
quest’altro amico per “Rubria Tertulla” (Il grido d’allarme). “Non risponderà
nessuno poiché sono le domande che vengono poste da sempre e da sempre non hanno
risposte. Buona domenica”. Commento a “Il testimone” (Il grido d’allarme). Per
“Il testimone” (Il grido d’allarme): “Una bella poesia la tua e senza risposte”.
Altro commento di una cara lettrice per “Il testimone” (Il grido d’allarme):
“Quesiti esistenziali che rodono e che mai avranno risposte. Forse solo chi ha
fede ritiene di aver afferrato il senso. Interessante e ben scritta,
complimenti”.
“Tenerissima storia di ordinaria solitudine. Se i belli si rendessero conto che
anche quelli esteticamente diversi hanno un cuore, forse oltre che belli
sarebbero intelligenti. Hai descritto una situazione frequente e tristissima. La
protagonista si esclude per non soffrire, ma non risolve nulla”. Commento ad
“Anselma” (Il grido d’allarme). Per “Anselma” (Il grido d’allarme), un commento
di una lettrice, che ringrazio: “Tempo fa un'amica di penna mi inviò il DVD di
uno spettacolo teatrale dal titolo Una cicciona in agrodolce il cui testo è
forse ancora reperibile in altro sito. Sarebbe da far legger/vedere ad Anselma
ed alle tante altre Anselme.
Molto piaciuta questa tua pagina, Tommaso”. Era anche questo un commento per
“Anselma” (Il grido d’allarme).
Grazie, cara amica, anche per altri commenti che mi hai indirizzato: mi fai fare
rischiare di fare il viso rosso!
“Commuove la figura di questa donna con poteri taumaturgici, è un bozzetto di
vita reale molto ben descritto, delineato al punto che sembra di averla vista,
conosciuta, con tutto il suo candore e benevolenza verso il prossimo nonostante
la sofferenza di antiche ferite. Mi è molto piaciuta questa pagina,
complimenti”. Commento a “La terremotata” (Il grido d’allarme).
“Bella pagina e bello l'episodio descritto... Ci sono giorni che mi piacerebbe
incontrare una donna il cui tocco abbia il potere di trasmetterti serenità. Ci
sarà ancora da qualche parte?” Altro commento a “La terremotata (Il grido
d’allarme)”.
La mia replica: Mi pare che il “tocco” desiderato da questo lettore, che
comunque sempre ringrazio, dovrebbe essere di ben altra natura, rispetto a
quella cara persona che incontrai e che descrissi in questo mio rattristante
episodio. Per il medesimo racconto “La terremotata” (Il grido d’allarme), scrive
un altro caro lettore: “Bel brano hai scelto per l'esordio! […]”. Sinceramente,
X carissimo, non è che abbia fatto una scelta per determinare il “grado” dei
miei scritti. Comunque sono felice che il raccontino ti sia piaciuto.
Da altro lettore, per “La terremotata” (Il grido d’allarme): “...un incontro
inusuale si trasforma in un toccante racconto! Benvenuto!”. Grazie a te. Grazie
a tutti! “In effetti mi capita sempre più che qualcuno mi saluti... e che io
saluti per gentilezza. Ma poi mi chiedo: chi era? In effetti l'accostamento con
le lunghezze d'onda elettromagnetiche che ciascuno di noi emette non è una mala
pensata... ma emettiamo lunghezze d'onda costanti? O variano anch'esse col tempo
e con l'età? ...o non le emettiamo affatto? In fondo una certa aura dovremmo
avercela... basterebbe solo percepirla. Commento per “Supporti e memoria” (Alfa,
anzi, omèga).
Un breve commento dell’amico X: “Bella, semplice e d'effetto” riferito alla
lirica “Chissà, chissà perché” (Alfa, anzi, omèga).
Mi sopraggiunge un secondo breve, altrettanto gradito commento: “Dove
la ragione non arriva, il cuore ha già compreso”. Anche questo si riferisce a
“Chissà, chissà perché” (Alfa, anzi, omèga).
Per il mio breve trafiletto “Di mano in mano” (Il grido d’allarme), riporto il
commento ricevuto dalla cara lettrice: “È amore per le nostre radici. Eh sì,
esistere e sapere di farlo dovrebbe essere il motivo di massima soddisfazione,
il sapere che tu stesso sei radici”. Ancora per “Di mano in mano” (Il grido
d’allarme), una cara lettrice m’invia il seguente commento, dicendomi anche che
non conosce le mie liriche: “Ansiosa di leggere le tue poesie. Perché ne scrivi,
vero? Bello questo tuo scritto, ma amo molto la poesia! Ce la farai conoscere?”.
Certo le mandai i miei link. Infatti ho ricevuto altri suoi commenti,
ringraziandola di cuore.
“Bellissima lirica, leggiadra e piena di gioiosa e delicata felicità, bella!
Commento a “Rose rosse” (Il rifugio nell’anima).
A altri tre brevi commenti sempre, per “Rose rosse” (Il rifugio nell’anima), che
riporto qui di seguito: “Una appropriata dedica allegata ad un omaggio floreale
inequivocamente(*) di sincero amore, in buoni versi rimati. Auguri !!! Baci”.
“Nozze d’argento! Auguri al vostro bel rapporto. Ciao. X”.
---
(*) - Inequivocamente - L’aggettivo “inequivoco” è in uso solo dal 1978. Prima
c’era solo “inequivocabile” (dal 1925), e di conseguenza “inequivocabilmente”.
Informo di ciò gli amici lettori un po’ pignoletti come me che non lo sapessero,
che possiamo accettare quell’inequivocamente del caro amico lettore. Solo per
precisare…
“Ciao. Sono una polacca. Ho
bisogno di dirti che mi sono commossa tantissimo. Io dico sempre "LE PAROLE CHE
VENGONO DAL CUORE, ARRIVANO AL CUORE". Immagino questo amore vero. Amore grande
e puro. Graziella... SEI FORTUNATA. AMALO DI TUTTO CUORE!!!!”.
Le tue parole, o amica conterranea del mio amico Chopin, rivelano grande
sensibilità. Così, maggiormente accolgo il tuo gradito commento. Auguri di ogni
bene a te, dal profondo del cuore!
Il commento si riferisce a “Rose rosse” (Il rifugio nell’anima).
Oggi che sto riordinando a qualche anno di distanza da questo che è molto più di
un messaggio - siamo nell’agosto 2012 - nel rileggere queste tue parole mi sono
nuovamente commosso: come si può far finta di nulla davanti alla delicatezza che
ho ravvisato in questa cara lettrice. Grazie ancóra, amica di Polonia!
Davvero sorprendenti, a volte,
certi vostri commenti. E questo ovviamente il primo, augurandomi che non sia
l’ultimo. Sentite dunque cosa mi scrive X per “Tanto meglio assai” (Il rifugio
nell’anima): “È bellissima. Il tema di chi non accetta altra corporalità oltre
quella vissuta è caro anche a me. Io a volte rifiuto addirittura il corpo,
poiché ci spinge a commettere errori per mantenerlo in vita”.
“È difficile. Dappertutto trovi
chi ti vuol dare l’estrema unzione. Meglio sarebbe la respirazione artificiale.
Ma come ultimo estremo atto d’amore (creativo)”. Detto commento è ancóra per
“Tanto meglio assai” (Il rifugio nell’anima).
Di nuovo per “Tanto meglio assai” (Il rifugio nell’anima) il seguente commento,
sul quale poter riflettere: “Ciao Tommaso. Che la realtà relativa sia ciclica
non è faticoso vedere, e questo può indurre al pensare che tutto si ripresenti
di nuovo. Da tempo immemorabile la ciclicità viene sminuita come fosse
ripetizione, ma nulla si ripete nell’esistenza, perché l’Infinito dal quale
deriva non ha costrizioni di sorta, né il bisogno di ripetersi. Anche quando ci
va vicino, per esaudire l’eccezione di cui ha necessità la regola, per
rispettare la totalità che deve rappresentare, lo spazio diverso occupato dal
simile lo individualizza senza possibilità d’errore. Tutte le tradizioni del
pianeta non ignorano ciò che ho sopra ricordato, e descrivono la circolarità
spontanea della vita svolgersi su indefiniti piani successivi, rivolti tanto in
avanti che indietro, sopra o sotto la possibilità di perfezione della spirale
che è modulo del movimento. Si chiama teoria degli stati molteplici dell’essere
e non ha nulla a che fare con l’interpretazione volgare della quale la
metempsicosi è stata oggetto. Ogni piano della spirale dell’esistenza
costituisce un microcosmo che segue la stessa legge armonica del macrocosmo il
quale, poiché è composto dai microcosmi, ne ripercorre le conseguenze degli
stessi principi che regolano quindi e l’uno e l’altro. In questo non c’è
distruzione, ma cambiamento. Sempre diverso. Migliore o peggiore saremo noi a
determinarlo. Un caro saluto da un amico”.
“Meglio tardi che mai! Ben venga
ogni pur tarda metanoia!”. È il commento pervenutomi per la lirica “La catena”
(Il rifugio nell’anima).
Per “Il dialogo” (Il rifugio
nell’anima), un commento per questa mia breve lirica: “Se sapessimo leggere
negli occhi degli animali gli occhi dei nostri bambini molte crudeltà sarebbero
evitate”.
“Eh... Tommaso... lo sai che ti voglio bene”, “si limita” a dirmi questo
carissimo amico lettore. Cosa poter dire di più? Riguarda sempre “Il dialogo (Il
rifugio nell’anima)”.
Per “La mia tavolozza” (Il
rifugio nell’anima) ricevo il seguente commento: “Il suo volto rimarrà impresso
nel tuo cuore. Non occorre essere un pittore per dipingere le sensazioni e le
emozioni... Bellissime parole, complimenti”.
“Mi permetto di inviarle questa
mail per potermi congratulare con Lei per alcuni brani che ho ascoltato, fra cui
la Sonatina 1926 che a mio modesto avviso è molto piacevole e delicata.
Mi complimento per il fraseggio e il gioco di voci che si propagano con profondo
desiderio e crescendo. Ritengo sia un’opera di tutto rispetto. Spero di avere
opportunità di ascoltare ancora suoi brani. Commento relativo alla mia
composizione “Sonatina 1926”.
Grazie anche per questo tuo apprezzamento per un mio brano musicale.
“Signor Mazzoni, ho scaricato
"tutti libri" sul mio computer e la ringrazio per questa opportunità, di poter
leggere ai miei momenti di svago tante BELLE cose. Ho già informato una mia
amica a questo proposito. Vorrei tanto avere delle sue belle melodie, come fare?
Anche pagando. La ringrazio ancora e tanti auguri”. Commento da una lettrice (di
area francese).
La mia risposta:
Gentile amica, non ho pronte altre melodie, ma conto di poterne registrare, e
quindi pubblicare, qualche altra in un prossimo futuro. Quindi, come Lei
comprende, non è una questione di lucro. La ringrazio molto delle buone parole e
continui a leggermi e ad ascoltare le mie musiche: ne sono lusingato. Auguri a
Lei e tanti cari saluti.
«Mio caro T., basta accendere la
televisione e sentire la pubblicità che recita: "l'ottimismo è il sale della
vita" oppure sentire qualsiasi TG dal quale si ascolta che l'economia italiana è
in ripresa: "i numeri lo dicono". Oppure sentire e leggere che gli stipendi
aumentano in modo proporzionale al costo della vita. Non so, ma ho come
l'impressione che noi siamo i pessimisti, i disfattisti, i depressi, gli altri
(cioè i pochi che detengono il potere) sono i saggi, gli ottimisti, gli eletti.
Allora, non ci resta che… piangere».
Commento ricevuto per “A un ottimista” (Questo nostro millennio). Inviatami per
e-mail in data 30-12-2007.
Ma, sempre da altro lettore e per il medesimo “A un ottimista” (Questo nostro
millennio), c’è questo pur sempre gradito trafiletto; ma… le “campane” -
desidero pure dire - vanno ascoltate tutte, salvo il mio diritto di replica,
cosa che farò sùbito dopo averlo riportato: «Io non ti ringrazio per nulla. È
uno scritto che non serve a nessuno e mi domando come si possano tirare fuori
cose del genere. Davvero, bisogna essere ciechi e sordi per non rendersi conto
che la vita è un'altra cosa, ed è bella per tutti... volendo. Almeno qui, da
artisti, dovremmo cercare di andare oltre alle stupidità e alle ingiustizie che
il mondo si lascia cadere addosso ad opera di pochi malfattori che guidano e
tanti inutili piangioni (piagnoni, n.d.r.) privi di iniziativa e chiusi nel
pensiero».
Non mi ricordo se ebbi modo di rispondere, ma mi viene da commentare qui che è
solo una questione molto soggettiva: ogni cosa può influenzare il nostro modo di
giudicare le cose, come l’età, lo stato d’animo del momento o generale; e
perfino stati d’animo che solitamente lasciano venir fuori espressioni del tipo:
¿ma che hai litigato con la moglie?, oppure essere pompati internamente da
secrezioni ormonali che possono derivare da momenti particolarmente esaltanti
per il giudicante.
Le cose sono quasi sempre complesse, purtroppo, per cui il giudizio può variare
da un estremità all’altra con notevole facilità.
Ma ecco l’eureka, l’ho trovato! Riporto perciò ora, senza togliere quanto ho
detto in questa occasione, la risposta ritrovata che detti allora. Prima però
riporto come sia giunto a reperire i vecchi file che ritenevo perduti:
Dato che i commenti ai miei scritti non erano inizialmente destinati ad essere
pubblicati, non li avevo riposti con cura e precisione, per cui m’è stato
alquanto difficile trovarli. È solo grazie ai programmi come “Chrome” e “Google”
che, fra i tanti file (che ritenevo) alquanto ben riposti a loro tempo, ho
trovato almeno una buona parte di quelli che prudentemente avevo tuttavia
salvato.
Lasciatemi dire anche che nel riporli via via con una certa noncuranza, non
avevo pensato che fossero davvero così tanti!
Sforbiciando un po’, non ho quindi riportato commenti che riflettono il
contenuto di altri analogamente troppo uguali fra loro; vieppiù quelli che
ripetono frasi di complimenti.
In virtù dei programmi anzidetti, ho potuto così “ripescare” anche la risposta
che, a quanto così “severamente” mi era stato indirizzato, dètti con la mia mail
dello stesso giorno, ossia il 30-12-2007:
“Quel che sconvolge me può lasciare te del tutto indifferente e viceversa, quel
che per te è innocenza può essere colpa per me, e ancora, quel che per te non ha
conseguenze può essere per me il coperchio della bara". Questo è Kafka.
Ma ho continuato così: Aggiungo che non mi attendo mai un ringraziamento e
perciò non ti sentire a disagio. Io continuerei a pubblicare i miei scritti pure
se la totalità dei lettori dissentisse dalle mie idee. Sarei io, invece, a
preoccuparmi e interrogarmi sui perché. Desidero precisare anche che non mi sono
mai dichiarato scrittore, né tanto meno artista. Il mio compito è assai più
asciutto, perciò. Spero invece che mi permetterai di ringraziare te, come
ringrazio tutti gli altri che dicono la loro incollando i loro post-it® ai miei
modesti lavori. La vita potrebbe essere un'altra cosa, parafrasando la tua
espressione, ma non è così per me. Certo è colpa mia, come - scusami per questo
mio indegno accostamento - lo è stata per Kafka. Comprendi ora, amico X, il
perché del mio articoletto che hai commentato anche tu?
Come si possono giudicare gli altri? Per me sarebbe impossibile. Non lo dico
solo ora, l'ho scritto in un mio articolo del marzo 1984 ed è intitolato
"Giustizia e Conoscenza" (Così il tempo presente, n.d.r.) che, se credi, potrai
lèggere andando al mio sito. Sarò comunque lieto se vorrai ancora occuparti
delle cose che man mano pubblico.
Colgo l’occasione per ringraziare
tutti coloro che in sé allevano germi di buona volontà. Con i malfattori, temo,
sarà ancóra assai dura, purtroppo.
“Complimenti davvero tanti
Complimenti per gli scritti la musica e il sito”. Un generico ma certo da non
tenersi in minor conto, tale commento, ricevuto da altro lettore che nomino
sempre con una X, e che nuovamente da qui vivamente ringrazio.
Per il capitolo “Accampamenti”
(Un bicchiere mezzo vuoto) mi giunse anche il seguente commento, ma che sono
ovviamente costretto però a rivedere, per evitare l’identificazione pubblica del
lettore che me lo mandò. Dice dunque questo caro amico: “Discorso complesso. Nel
reparto dei gravi, presso l’Istituto Y, tutti i poliomielitici che vi
transitavano, lo erano in seguito alla vaccinazione. E non sono casi rari. Danni
collaterali... si dirà, ma le vaccinazioni restano pericolose e da considerarne
l'opportunità caso per caso, probabilità per probabilità. Lo stato oggi
risarcisce il danno da vaccinazione obbligatoria con cinquantamila euro a testa.
Che, per un poliomielitico, è la metà del costo che dovrà affrontare nei primi
cinque suoi anni di lotta contro la malattia, la quale prevede lunghe operazioni
per l'allungamento osseo. Se si è allergici, come sono io, si viaggia con
l'esenzione, che mi è costata a Z (località situata in Medio Oriente) la
quarantena in ospedale perché non avevo la vaccinazione anticolerica”.
Ma vedete se a volte valga la pena di pubblicarli, questi commenti? In genere e
secondo il mio punto di vista sono preziosissimi. E ringrazio di cuore tutti
coloro che, ora ed allora mi scrivono, mi hanno scritto e, bontà loro, che mi
scriveranno!
Mi sono pervenuti però anche
commenti - come nel presente caso per “Amanuensi, addio” (Un bicchiere mezzo
vuoto) - che paiono semischerzosi ma che non lo sono: “Pensavo di invitarti a
casa, una sera per una chiacchierata ma mi faresti fare mattina, anzi mi dovrei
prendere delle ferie. Per quel che mi riguarda rimpiango il mondo che abbiamo
lasciato. La vita nel silenzio dei monaci camaldolesi intenti a copiare gli
antichi codici consentiva una immersione nella spiritualità che è ormai aliena
per la nostra natura. Tanto è vero che molti amici con esigenze spirituali si
sobbarcano annualmente viaggi in India, presso gli ashram per ritrovare una
parvenza di misticismo”.
Gli ashram, nella tradizione indiana, appunto, sono luoghi di meditazione. Il
termine però deriva dal sanscrito “asshraya”, e significa propriamente
“protezione” (n.d.r.).
E sempre al riguardo di “Amanuensi, addio” (Un bicchiere mezzo vuoto), mi
pervenne anche questo messaggio, il quale denota che, a leggere i miei scritti,
annovero anche (o almeno?) uno scrittore. Ecco dunque cosa mi scrisse questo
amico: “Mi rammenta quando chiesero di comporre una commedia in
trecentoquarantotto versi endecasillabi a rima piana alternata e numerata, per
quattro parti di attori; andammo in una baita della Z (nota località montana), a
lume di candela, a scriverla”.
Perciò scrittori, ma anche attori! Mi fa piacere.
Commento per “Amore, amore vero”
(Un bicchiere mezzo vuoto): “L'amore è donare senza voler niente in cambio.
Questo è l'essenza vera dell'amore... buona giornata...”.
Altro commento per il medesimo
capitolo: “La generosità è una qualità dell'amore, ma non l'unica. Quello che
noi sperimentiamo essere amore è il riflesso dell'Amore Assoluto, il Quale non
dona e basta. Egli si aspetta che, da questo dono, nasca la capacità di donare
ancora e ancora e ancora... Ma per questo occorre avere e godere della
possibilità di comprensione delle ragioni che rendono questo dono... un dono di
Bene e non di male”.
Ricevo ancóra, sempre da uno
degli amici più affezionati, un commento che riguarda “Anche l’innaturale” (Un
bicchiere mezzo vuoto): «La natura è e obbedisce a leggi che le sono superiori e
delle quali le sue leggi sono il riflesso. I principi universali e le leggi
della natura che gli sono conseguenti non sono “morali”. Qualsiasi principio,
sia esso universale o naturale, quando è infettato dall'emozione umana si
trasforma in "buon senso" e diventa morale. Si deve, a ragione, affermare che la
morale umana può essere elevata o iniqua ma, in tutti i casi... mai fissabile in
un principio puro».
“Penso che essendo l'Uomo, come ogni altro essere sul pianeta, un prodotto della
natura, sia molto difficile non accettarlo così com'è. Anche tra gli altri
animali avvengono lotte per il predominio territoriale; l'unica differenza è che
lo fanno senza cannoni. Del resto dobbiamo ringraziare sempre la natura se
abbiamo un cervello tanto evoluto (quanto egoista) da condurci
all'autodistruzione”.
Commento per “Anche l'innaturale” (Un bicchiere mezzo vuoto).
Per “Cena all’antico castello” (Il rifugio nell’anima): “Poesia come la tua
Musica! Arte! Ciao”.
E ancora per “Cena all’antico castello” (Il rifugio nell’anima): “Senza
scomodare metafore e paroloni hai detto col non dire molto più del dire”.
Molto gentili, amici lettori, troppo!
“Trovo assolutamente attuale la
tua argomentazione... vero è che sono più che altro i giornalisti che immettono
nel dire quotidiano neologismi snaturati o addirittura obbrobri lessicali...
adesso i presidenti delle regioni si chiamano governatori... per scimmiottare
gli USA, che hanno poteri reali e non fittizi e burocratici come i
pseudo-nostri. Eppure la Treccani, prestigiosa enciclopedia, parla chiaro...
chiarissimo […]. Commento a “Come l’alcol” (Un bicchiere mezzo vuoto).
“L'attribuire al linguaggio compiti che le parole non possono assolvere, pare
essere una tua singolare caratteristica. Troppa è la facilità con la quale le
parole si corrompono, per aspettarsi che le lingue assolvano il Sacro compito
che spetta all'intuizione del simbolo che ogni effetto è della causa che l'ha
prodotto. Ciao Tommaso, io ti dico i miei pensieri nella speranza che non mi
manderai a quel paese... […] Commento a “Come l’alcol” (Un bicchiere mezzo
vuoto).
Macché a quel paese! Ti dico e vi dico, invece, grazie, amici. Grazie di cuore.
Mi fate felice; e in ogni caso!
Per il mio capitolo dal titolo
“Come un computer” (Un bicchiere mezzo vuoto) mi pervenne il seguente commento:
“No, amico mio, tutto nella creazione ha la sua armonia e misura, compresa tra
fli alti e i bassi, e non è lecito supporre che se non fosse così si avrebbe la
prova di quel che si ipotizza insensatamente. Lecito è l'utilizzo di una
simbologia geometrica, ma dev'essere supportata dall'intelligenza data dalla
conoscenza dei principi. Che Nietzsche non ha mai avuto. Trovo più appropriato
il discorso sentito fare da un vecchio pescatore di anguille di Comacchio che,
alla domanda fattagli da una giornalista sulla veridicità della concezione di
Dio, rispose così: - Vede signorina... se la mia casupola di pesca non avesse lo
strato di fascine galleggianti sul quale poggiare... non si reggerebbe su da
sola. Stessa cosa credo valga per l'universo...”.
Non si può quindi dire - si pensi
ideologicamente come si voglia - che i commenti non siano interessanti, pur se
talvolta variegati o interessati. Mi ripeto, ma non posso non ripetermi per
ciascuno di voi: come si fa a non dire un particolare grazie a questo comunque
attento lettore… così come a ogni altro!
Per commentare il capitolo dal titolo “Condizionamenti” (Un
bicchiere mezzo vuoto), un lettore afferma: “Il re Gustavo (riporto
l’espressione che non condivido proprio perché non è precisato a quale re abbia
inteso riferirsi; e non sono interessato ad andare a indagare al riguardo,
n.d.r.) era un bel citrullo, tornando al condizionamento, ciechi e sordi in
effetti affinano altri sensi, non (so, n.d.r.) se (per) condizionamento,
adattamento. Comunque c'è una mutazione comportamentale inconscia e reale”.
Per questo commento, il mio… “no comment”!
Ma, sempre relativamente al capitolo “Condizionamenti” (Un bicchiere mezzo
vuoto), mi preme di riportare anche la seguente, gradita nota:
“Fino a un certo momento della mia vita la pensavo anch'io così. Mai avrei
immaginato una realtà così diversa da quella che, più o meno faticosamente,
avevo decodificato vestendola della mia interpretazione. Poiché non ero proprio
stupidissimo, mi ero pure deciso a interrompere, ogni tanto, le consuetudini per
osservare con più attenzione intorno a me e dentro di me, esplorando le
possibilità che la mia immaginazione e pure la fantasia concimavano. Fino a
ventinove anni, parrà incredibile, mi ero sempre accontentato di ciò che potevo
toccare e mai mi aveva sfiorato il dubbio di poter essere immerso in un Mistero
che giocava con me, paziente e amorevole, e con mano da esperto chirurgo
impugnava il bisturi che, scalzando ed estirpando errori dopo errori, mi
presentò il cuore dell'esistenza. A quel cuore scoperto non ero preparato, e
quasi ne morii. Ora posso affermare che c'è qualcosa che non ci può
condizionare, perché non è nella Sua natura farlo, a causa del fatto che la Sua
è una natura assolutamente di Libertà. E la Libertà non condiziona”.
Per “Corrispondenze mancanti” (Un bicchiere mezzo vuoto)
ecco un altro gradito suggerimento: “Sarebbe interessante una ricerca sulle
parole che hanno mutato di significato e di valore: mi vengono in mente ministro
e brigante. Oggi il primo con valore di rispetto ed il secondo con valore
delinquenziale. Ma nel medioevo non era così: il ministro era il servo ed il
brigante il capo della brigata, ovvero di coloro che allietavano le serate del
capo! Oggi l'equivalente sarebbe il responsabile di una compagnia teatrale: uno
Strehler per esempio.
E così non si può dire che s’impara sempre. Basta avere buoni e sapienti amici.
Un commento ulteriore per “Corrispondenze mancanti” (Un bicchiere mezzo vuoto):
“Il contrario di introdurre è estrarre. Hai... ahi ahi ahi... scordato ospite,
parola che racchiude sia l'essere ospitati che l'ospitare. Ci sarebbe anfitrione
per colui che ospita, ma non è adatta che per casi speciali. Non bisogna però
cadere nell'errore di pensare che il linguaggio sia lo scrigno del segreto della
vita, perché è troppo soggetto a corruzione per esserlo, mentre il Mistero
dell'esistenza è vilmente immobile in mezzo a tutto ciò che è e ha il
deprecabile vezzo di mostrarsi... rivelandosi...”.
Questo amico, bonariamente bacchettandomi, certo lecitamente, mi fece presente
che di “introdurre” esiste il suo contrario, che è “estrarre”. Ed ha ragione:
avevo considerato le cose con occhi un po’ “delimitati” dalle paratie, vale a
dire che non uscivo dall’impasse che il contrario che hai citato mi avrebbe
fatto cambiare completamente la radice. “Estrarre”, infatti, deriva da ex
traho / trahere, mentre “introdurre” proviene da intro e
duco / ducere, ma che non avevo valutato perché, evidentemente senza
riflettere, lo consideravo fuori strada.
Tuttavia il lettore ha ragione, e vorrei che di rettifiche me ne giungessero
parecchie. Sennò a cosa servono gli amici? Buone ragioni, quindi, per poterci
sempre più migliorare: non lo dico certo da ora che tutto è criticabile e
perfettibile, con o senza prove di… falsabilità (o confutabilità) del già
ricordato Popper in uno dei primi capitoli del presente libro.
Particolarmente gradito questo commento femminile a “De
incipiente senectute” (Un bicchiere mezzo vuoto): “Bella e molto profonda,
col profumo di rifiuto verso gli anni che passano... bella...”.
Ancóra per “De incipiente senectute” (Un bicchiere mezzo vuoto) commenta
così un altro amico lettore: “Sbuff!... quante storie... bellissimo non devi poi
essere mai stato... se sei ancora vivo e non dalle ninfe consumato... Goditela
sta vecchiaia, che è colma di agevolazioni. Dal tram a basso costo, al cinema
quasi gratis, agli scippatori che, osservandoti le scarpe, sanno meglio di te a
quanto ammonta la tua pensione, all'osservare più da vicino le realtà che stanno
in basso, e non solo per la schiena che si rifiuta di stare impettita in un
orgoglio che ha lasciato spazio al realismo, ma anche a quella selezione
naturale che allontana quelli che non vedono più in te possibilità di guadagno
immediato e avvicina i parenti che rientrano nel tuo asse ereditario...”.
Non si può dire che non sia ameno, via, questo
spiritosissimo lettore. Vale tanto oro quanto pesa.
È vero, io, bellissimo, non
devo poi essere mai stato (mah, come avrà fatto mai a saperlo, però, resta un
clamoroso mistero!).
Per “Fermezza d'intenti” (Un bicchiere mezzo vuoto) riporto
questo per me sibillino commento: «Che c… che non ti sei mai drogato d'altro che di caffè. Il
tuo difettuccio, quando agganciato a vizi veri, è il responsabile della attuale
penuria di loculi nei cimiteri nazionali». Provo a interpretarlo, pronto a ricevere controdeduzioni
qualora non sia riuscito a comprenderlo interamente o a miscomprenderlo.
Mi pare che il caro X, riferendosi a quel mio difettuccio
(che, vi preciso, intendeva essere più burlesco che altro), quando agganciato a
vizi seri (e qui il quadro cambia di botto notevolmente), è “il responsabile
della attuale penuria” di loculi, come asserisce il lettore. Quindi, la mancanza
di loculi intenderebbe significare, appunto, che se ci lasciamo vincere dalle
tentazioni per cose considerevoli come la droga, è pur vero che i loculi al
cimitero andrebbero a mancare: sottolinea così, almeno mi pare - come quanto in
altre mie pagine ho del resto detto in più casi - ’importanza di resistere alle
tentazioni… cosa che io non sarei riuscito a fare, come appunto nel raccontino
“Fermezza d'intenti” (Un bicchiere mezzo vuoto), così argutamente commentato
dall’amico lettore.
«Spesso, troppo spesso dalla nostra bocca esce il contrario
di ciò che si vorrebbe dire». È invece, questo, un breve commento al capitolo
intitolato “’Gnorsì” (Un bicchiere mezzo vuoto).
Altro commento al capitolo intitolato “’Gnorsì” (Un
bicchiere mezzo vuoto): “Caro Tommaso, mi ci sono in parte ritrovata nella figura
dell'agente di commercio, in altre situazioni, molto tempo fa, mi è capitato di
dover battere i tacchi e dire Signorsìsignore. Poi ho imparato che a volte,
invece, mostrare fastidio per appuntamenti mancati, senza arrivare a sfanculare
nessuno certo, esigere il rispetto anche in quelle situazioni - perché di forma
di rispetto si parla - ti pone agli occhi di colui con il quale avevi
l'appuntamento in modo diverso. Hai scritto un articolo di riflessione cogliendo
spunto dai comportamenti quotidiani. Ed è una pagina che ho gradito leggere per
cui ti ringrazio”. Cui segue, ovviamente sempre per il medesimo capitolo,
“’Gnorsì” (Un bicchiere mezzo vuoto), la seguente replica, che riporto come
sempre nei suoi precisi termini:
«Io non sono così. Mi spiace deluderti, ma l'avrei mandata a quel paese, quella
negoziante. È da quand'ero bimbo che lotto contro quel modo affettato d'essere,
e che le prendo sode per questo. Il termine: "rifiutato dal mondo perché rifiuta
il mondo" mi calza a pennello. A casa dei miei mi menavano perché rispondevo. Da
scuola mi hanno cacciato perché ho tirato i libri contro quella di chimica che
dava i due, ma mai i sette. Sono finito in galera, perché ho menato un
poliziotto in Nepal, il quale diceva che noi Italiani siamo gente violenta e non
mi voleva rendere il passaporto. Sono stato condannato, in Italia, per
disobbedienza all'ordine costituito e ho pagato una multa e tre mesi di galera.
Altra galera per coltivazione di Marijuana, anche se me la fumavo solo io e i
miei amici ai quali l'ho sempre regalata e mai venduta. I miei genitori non mi
parlano più, mia sorella non mi rivolge più la parola, Zii e cugini mi ignorano.
Mia moglie mi ama e da trentatré anni siamo felici e in quasi armonia totale,
insieme. Vacci a capire qualcosa, tu...».
Un controcommento cui non oso aggiungere alcunché. Dimostra tuttavia anche la
variegata qualità, spessissimo alta, dei lettori. Ai quali dico ancóra, e per
ogni singolo caso, grazie, grazie, grazie.
Per “Il balio asciutto” (Un bicchiere mezzo vuoto) ho
ritrovato invece questa singolare riflessione. Riporto la frase, anche perché mi
perviene da un cittadino non italiano, almeno a giudicare dal nome: «Il
bicchiere mezzo vuoto crede all'origine nelle caverne; quello mezzo pieno crede
nell'origine in alto, al servizio di Dio».
È certo che chi confida in un entità che possa essere in grado di aiutarlo, è
più ottimista di chi pensa, nella propria impotenza, a condizioni di negatività,
come appunto il pessimista che pensa, con il pessimismo che scopre essere in sé,
essere il suo più paragonabile a un bicchiere mezzo vuoto che a un bicchiere
mezzo pieno.
Per “Il dialogo” (Il rifugio nell’anima), la seguente
gradite conferma: “Se sapessimo leggere negli occhi degli animali gli occhi dei
nostri bambini molte crudeltà sarebbero evitate”.
Molto mirato, questo intelligente commento: già, quale potrebbe essere
l’individuo che oserebbe, poi, togliere un capello all’animale nelle sue
(affettuose) mani?
Il commento postato da un lettore, e che comunque faccio seguire, è un po’
troppo “mirato” verso la mia persona: si tratta della frase scritta dopo la
lettura de “Il dialogo” (Il rifugio nell’anima): “Eh... Tommaso... lo sai che ti
voglio bene”.
Un bene che mi sento di contraccambiare pienamente.
Trovo ora che in quella occasione avevo dato séguito ai
diversi commenti con queste brevi frasi: «Grazie, amiche e amici, di tutte le
vostre espressioni di affetto. Mi pervengono da ogni parte, graditissime, parole
che avverto davvero sincere. A volte riuscite anche a commuovermi... Non so
cos'altro dire. Vi abbraccio affettuosamente, tutti, con il saluto cordialissimo
a ciascuna e a ciascuno di voi!
Tommaso.
Per la lirica “Il mio gattino” (Il rifugio nell’anima), un
laconico quanto forte e conciso commento: «Dio non esiste, e la mia vita vale
quanto quella della mia adorata gatta».
Altro commento per “Il mio gattino” (Il rifugio nell’anima): «Prendo da X (che
ha commentato come sopra, n.d.r.) solo la seconda affermazione. Anzi, per me la
salute della mia amatissima Micia viene spesso prima della mia...».
Opinioni che trascrivo per la piena obiettività che intendo sempre rispettare
per ogni mio lavoro.
Grazie, carissimi, dei vostri commenti. Replico anzitutto
per dirmi pienamente d’accordo con voi. Non ho inteso certo di mettere in dubbio
l’amore che nutriamo per le nostre bestiole: se non avessi amato il mio micio,
forse non ne avrei nemmeno parlato, sono certo che ne converrete. Consentitemi
di restare però nel dubbio che una delle nostre stesse pur tanto amate bestiole
possa arrivare a “capire le ragioni" per le quali, precauzionalmente, dovemmo
chiudere il nostro micio in uno stambugino. Darwin si è così espresso:
“[...] l’intero argomento è troppo profondo per l’intelletto umano. Sarebbe come
se un cane si mettesse a speculare sulla mente di Newton [...].
D’accordo, potreste obiettare, ma tu, Tommaso, non sei mica Newton! Lo so
anch’io, purtroppo: sono solo un normalissimo uomo, infatti. Però questa mia
tesi - mi sentirei di affermare - dovrebbe restare in piedi ugualmente. O no?
Il vostro amico Tommaso Mazzoni.
E, da gentile penna femminile, altro commento per “Il mio gattino” (Il rifugio
nell’anima): “Ciao Tommaso, ho letto "Il mio gattino" l'ho trovata molto
indicativa e profonda sebbene il contenuto parrebbe esprimere il contrario, ti
mando il mio pensiero. Noi non possiamo sapere il disegno di Dio eppure spesso e
volentieri ci sentiamo in grado di criticarlo, di giudicare il suo operato, di
prendercela con lui per ciò che ci capita, siamo un po' come quel gattino che
non capisce il perché di certe nostre azioni eppure è convinto che gli facciamo
del male e non comprende cosa può aver fatto per meritarsi ciò.
Penso però che Dio sia così sapiente da capire che spesso le nostre parole o
azioni sono dettate dalla sofferenza, da dolori che pensiamo di non meritare e
quel dolore ci pare più sopportabile se lo scarichiamo su chi quel dolore
potrebbe fare cessare.
Nonostante però, sappiamo tutto questo, continuiamo a pensare che al posto Suo
avremmo agito diversamente. Niente di più sbagliato, ogni Sua azione è mirata al
nostro bene anche se in quel momento non ne vediamo i benefici.
Forse ho interpretato in modo sbagliato ciò che volevi esprimere ma leggendola
questo è stato ciò che mi ha trasmesso. Ciao e buona giornata. X”.
A "Il mio gattino" (Il rifugio nell’anima) seguì una mia replica, che riporto
anche per voi, lettori di oggi: Cara X, la tua interpretazione è perfetta.
Nonostante mi sia ripromesso di non commentare mai io stesso quanto scrivo,
specie se si tratta di liriche, le parole da te espresse potrei sottoscriverle
nei tuoi precisi termini; in séguito, come potresti notare nel prosieguo delle
letture in seno ai miei libri, mi sono contraddetto più di un volta. Del resto è
anche è naturale, che ci sia chi la pensa differentemente da noi.
Devi essere una Persona sensibile e riflessiva. Mi hai onorato, interessandoti a
questo modesto lavoretto (che è di quasi trent'anni fa!).
È esattamente di sabato 25 novembre 1978. Ma colgo l’occasione anche per
riportare un soprattitolo che posi successivamente alla lirica qui ricordata. La
riporto per voi, lettori di oggi: "La sera Leonard (marito della Woolf,
n.d.r.) ed io parlammo ancora della morte, la seconda volta quest'anno; del
fatto che potremmo essere come vermi schiacciati da una macchina; che cosa sa il
verme della macchina, di come è fatta? Può darsi che una ragione ci sia; se c'è,
non è una ragione che noi, in quanto esseri umani, possiamo afferrare(*)".
Virginia Woolf, a seguito della morte di Goldie Lowes Dickinson
(1830-1886). A Writer's Diary, 5 agosto 1931.
Ecco ora un commento che faccio seguire, e che si riferisce
a “Il paradosso di Schrödinger” (Un bicchiere mezzo vuoto): «Io sono un
medico-nucleare e radiologo in pensione. Mi ha sempre intrigato la stocasticità(*)
delle disintegrazioni nucleari. Ma non ho mai dimenticato le sagge parole di
Leucippo nel suo trattato Sulla mente: oudèn chree màten, alla pànta ek lògou te
kaì up'anànkes (Nulla avviene a caso, per tutto c'è una ragione necessaria). Ha
ragione Capra(*) bisogna anche e soprattutto in fisica rivolgersi ogni tanto al
passato. E nella fisica delle particelle ciò mi sembra utile. Io ho lavorato in
un centro di biocibernetica con un fisico teorico che mi ha fatto ibridare
problemi medico-biologici con quelli fisico teorici: così mi sono dovuto
leggere. Eigen, Prigogine, Costas de Beauregard, i quaternioni, Bessel… Ne
abbiamo ricavato ricerche interessanti in campo biologico e medico.
Ho messo tra i preferiti l'indirizzo del suo interessante ed importante sito che
mi gusterò con calma in queste lunghe serate invernali. Grazie.
---
(*) - Stocasticità - Aleatorietà di una variabile il cui sviluppo nel tempo è
governato da léggi probabilistiche (n.d.r.).
Leucippo - Filosofo greco-antico, di Mileto, prima metà del V sec. a.C.
Fritjof Capra (n. 1939) - Dice Capra, questo importante scienziato e
divulgatore: «La fisica moderna rappresenta la materia non come passiva e
inerte, bensì in una danza e in uno stato di vibrazione continua. Questo è anche
il modo con cui i mistici orientali vedono il mondo materiale». Osservazioni, di
Capra, sulla fisica quantistica, relativamente al mondo atomico. “Stranezze”,
per chi è terra terra come me, in cui quello che ci appare essere statico è
invece dinamico a livello microscopico.
Riguardo a “Il paradosso di Schrödinger” (Un bicchiere mezzo vuoto), un
lettore commenta: «Se tornassimo indietro ipotizzare l'oggi apparirebbe
paradossale». Però, acuti questi cari lettori!
Ancóra su “Il paradosso di Schrödinger” (Un bicchiere mezzo vuoto),
scrive così un altro amico lettore: «Un paradosso è una contraddizione, non un
discostamento dalla "normalità", a meno che non si dia al termine "normale" il
suo senso rigoroso, che è quello di "aderenza alle leggi cicliche che regolano
la spontaneità del creato", le sole capaci di armonizzare regola ed eccezione,
previsionalità e spontaneità. Queste leggi escludono, infatti, solo la
contraddizione al vero, relegandola nel suo proprio ambito naturale e "normale"
in quanto "Vera falsità". Dovrei scrivere un saggio per discutere le incongruità
dei tuoi punti di vista, ma non mi pare che il tuo rifiuto per la metafisica me
lo consenta, rendendolo così auspicabile».
Posso rispondere con piena cognizione di causa, anche se a posteriori. I miei
punti di vista non sono incongrui, anche se ovviamente possono peccare di
conoscenza. Non ho mai vantato di essere il padrone del sapere umano in persona!
Riguardo al mio rifiuto della metafisica - al di là (μετα)
della fisica (φυσική) -, in
parte hai ragione tu; in parte ho ragione io: se intendi riferirti a quella
metafisica nelle accezioni correnti, ossia tutto ciò che è stato dichiarato
essere di fede e comportamento trascendentale, hai ragione tu.
Diversamente, se intendi riferirti però a un tipo di metafisica alla
Fritjof Capra appena citato, ossia quella che è assai aderente ai modelli
quantistici, allora sei tu che mi hai giudicato in modo inesatto.
In altre parole considerami pure raziocinante; non certo pietista.
Segue quanto ha postato un lettore, sempre al riguardo delle argomentazioni
concernenti “Il paradosso di Schrödinger” (Un bicchiere mezzo vuoto):
«Ogni scienza si deve occupare del suo proprio dominio e non di ciò che la
sovrasta. Frank Capra (il lettore intendeva certo riferirsi a Fritjof Capra,
n.d.r.), che naturalmente conosco, ha tentato di formare un opposizione
complementare impossibile, perché operata tra due realtà che occupano piani
diversi: quella dei principi metafisici e l'altra dei principi fisici che sì
devono da quelli derivare, ma sono loro che ricevono spiegazione e chiarimento,
e non il contrario. Per una questione di priorità gerarchica. È certamente
possibile anche il percorso opposto, ma per farlo occorre prima conoscere dove
si vuole arrivare, conoscendo già i principi universali e a quelli sempre
riferirsi, altrimenti, come ha ampiamente mostrato il Capra... ci si confonde e
perde nell'Ignoto».
Qui, lascio ogni possibile riflessione, conclusiva o meno, a chi leggerà questo
commento, che appena qui sopra ho puntualmente e doverosamente riportato.
Ma, sempre circa questo capitolo intitolato “Il paradosso di Schrödinger”
(Un bicchiere mezzo vuoto), sebbene in via provvisoria, ho scelto di chiudere il
commento nel modo che segue: Ho già fatto un grande sforzo a capire qualcosa di
argomenti così complessi, carissimi amici, che mi portano a dover declinare
l'invito a trascinarmi in meandri dai quali - sono sicuro - non sarei capace di
uscirne. Non vedete che, per dare un po' di ''respiro'', quante corbellerie, a
volte, tendo a propinare a voi ed altri ipotetici lettori delle mie non sempre
felici elucubrazioni? Chiedo vènia, ma i miei limiti li conosco, e quando si
abbraccia tanto, come tendo a fare io, va a finire che si resta con lo stringere
poco. Desidero però porgere i più cari saluti e Auguri in ogni senso a tutti
voi, con il mio più affettuoso GRAZIE!
Commento a “Il successo” (Questo nuovo millennio): “Si
devono premiare coloro che hanno doti non comuni, giusto... allora perché un
calciatore guadagna 10 miliardi a stagione per tirare calci a un cuoio gonfiato
e un raro scienziato, mente non comune che debella una malattia che guarisce
milioni di persone e tra questi tanti di quelli che vanno allo stadio, ai
concerti, ecc... guadagna 3000 euro al mese e muore anonimo?... Mi sa che il
pubblico ama e decreta il successo... essendo esso pecorume...
Sempre per il capitolo “Il successo” (Questo nuovo millennio), ricevo, da chi ha
commentato in precedenza, questa simpatica ramanzina: “Vedi Tommaso, io sono un
pensatore, spesso evito di leggere i grandi per paura possano influenzarmi e
distogliermi dal mio pensiero base, la tua scelta di non commentare e ritenerti
estraneo al popolo salvo imperare con tue osservazioni (si riferisce a un blog
che ci ha ospitato, n.d.r.), ti sei mai chiesto se possa apparire come atto
tronfio... a volte per diffondere un'idea bisogna salire su un tetto spogliarsi
e lo scandalo della nudità attira il pubblico e a quel punto si può dire il vero
proprio, altrimenti mi sa un po’ di armiamoci e partite... Questi siti come dice
il proprietario sono dei salotti che implicano anche per rispetto,
partecipazione. Se oggi possiamo dire la nostra grazie alla rivoluzione francese
e a quelli che si sono impegnati fisicamente e in piazza sfidando lanci di
pomodori, lo dico con sincerità mi sembri un signore negli agi che dispensa
consigli ignorando e non partecipando alle reazioni... anche un modo comodo per…
ecc... un'arte speculativa con poco dispendio… tu dirai è libertà, anarchia ma
queste vengono da sacrifici di vite umane... dico sempre ciò che penso”.
Ovviamente, come ho man mano riportato commenti favorevoli o assai utili,
talvolta assai lusinghieri, riporto anche questa tiratina d’orecchi di questo
amico lettore. Ma procedo per ordine: Riguardo a “la tua scelta di non
commentare” - Non è una scelta, questa, ma semplicemente lo evito, per il fatto
che non mi ritengo in grado di giudicare l’operato altrui. Lo so che questo
atteggiamento può sembrare altezzoso, ma è necessario che faccia presente a chi
si ponesse un simile interrogativo che, in tempi non sospetti, come si usa dire,
esattamente giovedì 31 marzo 1994 ho scritto un capitolo intitolato per
l'appunto “Giustizia e conoscenza”. Ebbene, in esso si può lèggere testualmente
(è ancora online): “per la consapevolezza dell’impossibilità logica, per
l'uomo, di venire in possesso della completezza dei dati indispensabili a
condurre un equo dibattito, devo affermare: - Non chiamatemi mai per
giudicare. Mai“. Quindi, non un “atto tronfio”, il mio, giacché osservo
puntualmente la coerenza anche se non ti trovo d’accordo o non mi trovi
d’accordo con te, amico lettore.
Nel dubbio, con tale atteggiamento, di urtare ulteriormente la tua
suscettibilità, e di qualche altro lettore che, probabilmente, la pensi come te,
dal ricevimento di quella tua missiva (31/12/2007 alle ore 12,40), non ho fatto
ulteriori pubblicazioni. Non per ripicca, ma giusto per coerenza. Tu hai detto
“dico sempre ciò che penso”. Io ti rispondo con le parole “faccio sempre
coerentemente a ciò che dico”. Od almeno mi ci provo: perfetto non posso essere,
perché, come ci dice Adolf Adler: “È più facile lottare per i propri
principi che seguirli”.
Ti saluto con viva simpatia, rispettando te e tutti gli amici che invieranno
commenti, anche negativi, ovviamente, così come pur amando il bianco, rispetto
il nero: è proprio l’assenza dei colori, infatti, che, appunto avvertendone la
mancanza, fanno apprezzare i colori stessi.
Che riguarda ancóra il capitolo “Il successo” (Questo nuovo
millennio), e sempre dal medesimo lettore, trovo anche questo messaggio, che
pare voglia un po’ aggiustare il tiro di quelle sue affermazioni con queste sue
precise parole: “Sono sempre io, X. Ciò che mi infastidisce è che tu sei attento
osservatore dei costumi odierni e proponi cose interessanti e poi trascuri la
comunicazione, tu lo sai che oggi in questa era futile se pubblicasse anche
Dante senza promuoversi non sarebbe nessuno... è un peccato”.
Già, infatti è un peccato - è stata la mia risposta - ma occorre. Pazienza!
Mi è stato di conforto anche il commento di un altro amico lettore, che come
sempre riporto integralmente, e che riguarda il capitolo “Il successo” (Questo
nuovo millennio): “Ma! A vedere oggi la gente cosiddetta di successo, non è che
il termine risulti positivo. Poverini! Che pena! Dei bambini che non si rendono
conto di quello che è il senso della vita. Godono di quello che passa e soffrono
quand'è passato. (Se falsi sono miti e aspirazioni falso è anche il successo).
Parole, le loro, che fanno piangere. Mi ricordi un detto di Valentina Braun
(scrittrice e poetessa contemporanea, n.d.r.): «Per avere al mondo d'oggi fama
denari e successo bisogna essere tanto capaci, determinati e forti quanto
egoisti, imbroglioni e ciechi»”.
Tornando alle ragioni della pressoché impetuosa filippica di partenza, ho notato
anche che con quest’altro commento, da apparente oppositore, me l’ha trasformata
in un espressione pressoché da… calumet della pace.
E che ben venga, la pace, allora: una virtù che, insieme alla giustizia e alla
libertà, ho perseguito da una vita; forse invano, chissà! Eppoi, ho tentato di
salire su una seppur piccola ribalta che è la rete, pubblicando tutti i miei
libri, scaricabili gratis e legalmente. Dovrei fare altro? Ho fatto stampare
anche tutti i miei libri a mie spese, come pure, sempre non chiedendo un cent a
nessuno, ho inviato o consegnato le relative copie a biblioteche ed archivi in
mezz’Italia. Cos’altro dovrei fare, allora? Lo chiedo a voi, lettori di oggi:
dovrei mettere il c… alla finestra come fecero i senesi - per ben altre ragioni,
ovviamente - quando giunsero i fiorentini per espugnare la loro Città?!
Eh no: quello no: anche perché quel che ho fatto ho fatto, ormai. E, pur
apprezzando gli stimoli apparentemente negativi, come quelli ascrivibili al
presente caso, che altro dovrei fare? Ditemelo voi, se qualche idea baluginasse
nei vostri cervelli certo più attivi del mio, che è quello di un ottantatré…
quasi ottantaquattrenne.
Nota a posteriori
Ho ritrovato il messaggio integrale con cui avevo scritto rivolgendomi
all’amico lettore, sempre in riferimento al capitolo intitolato “Il successo”
(Questo nuovo millennio). Sperando di non annoiarvi troppo, questo è il testo
ritrovato in una mail riportata che non riuscivo più ad aprire:
“Hai certo còlto un aspetto che giudico corretto, nel senso che dovrei
commentare a destra e a manca. Hai ragione. Ma sono sicuro che non mi crederesti
se ti dicessi che non mi sento di farlo, come avrai osservato che a malapena
rispondo ai commenti, dei quali, compreso ovviamente i tuoi, sono invece
interessatissimo. Ma sento la necessità di replicare a questo tua osservazione
dal momento che giudichi che io, forse uno degli esseri che non si dà arie e che
conduce una vita piuttosto ritirata, possa essere uno che sta affacciato a
vedere cosa succede senza intervenire...
Non potrebbe essere, invece, nonostante le apparenze, che proprio non mi senta
all'altezza di giudicare? L'ho testé dichiarato in una pagina di cui non ricordo
il nome dell'articolo, che non mi sento, né mi sono mai sentito né un letterato
né un artista. Scrivo, naturalmente, ma appunto naturalmente, cioè senza
attendermi, pur restando compiaciuto quando accade il contrario, che alcuno
risponda. Nell'esprimere le mie opinioni, trovo soddisfazione, e forse ho fatto
male a pubblicare il frutto delle mie gioie, dei miei sentimenti e delle mie
angosce su siti come questo, o siti affini, che prevedono, come giustamente,
rilevi, un dare e un avere. Ma non sono un uomo battagliero: non salirò mai su
un carrarmato a declamare o a incitare; per questo, nemmeno su una seggiola
salirò. Mi sono invece permesso di entrare in luoghi che forse non fanno per me,
e così esprimendomi, ti darò forse la sensazione che io sia come tu hai
erroneamente ritenuto.
Oggi è il 31 di Dicembre e posso così concludere l'anno
rinnovando gli auguri di buona lettura e di un Buon 2008 a tutti, ma ritirandomi
in buon ordine. Per il momento, onde riflettere, non posterò altri articoli. Se
debbo continuare a rischiare di apparire a te e agli altri amici, per la mia
condotta che ritenevo corretta e discreta, quale produttore di un "atto
tronfio", possiamo salutarci così, nel modo cordiale come ho accolto tutti voi e
come è, ed è stato da sempre, il mio stile di vita. Qui, evidentemente, ho
commesso un errore, e gli errori intendo di rimediarli, giusto per coerenza.
Ciao a te e a tutti gli amici, anche se mi spiace un po'.
Uno spiritoso commento per una mia piccola lirica dal
titolo “In libreria” (Questo nostro millennio): “Per favore, smetti di scrivere
poesie alle librerie, altrimenti a Firenze le chiudono tutte. Un bacio.
Da una lettrice, per “Interrogativi” (Un bicchiere mezzo
vuoto), questo brevissimo, gradito commento: “Ottimo scritto. Ciao”. X.
Nuovamente per “Interrogativi” (Un bicchiere mezzo vuoto) ricevo da un
affezionato lettore, che ha inviato diversi commenti: “Un bell'excursus sulle
bestialità dell'uomo sull'universo.
Le uniche parole sante, l'autoepitaffio, per te
agghiacciante, di Dorothy Parker, un leone terza decade (dominio di Marte),
giornalista sarcastica, ma in estremo "educata" e modesta: Excuse my dust
(perdonate la mia polvere).
Fossero tutti come lei, i cimiteri non sarebbero musei di falsità vergognose e
ridicole.
Una prosa questa tua distinta, caro Tommaso, e fonte preziosa di notizie da
annotarsi e studiarsi accuratamente. Grazie ed auguri cordiali”.
Ancora per “Interrogativi” (Un bicchiere mezzo vuoto), altro commento: “Chissà
poi perché un Dio onnipotente debba essere infinito, quando da un punto è
riuscito a bingbangare un universo? La gente quando si mette in testa qualche
coglionata non gliela levi più. È l'ora di rimescolare un po’ le carte.
Per “Interrogativi” (Un bicchiere mezzo vuoto), di nuovo un altro gradito
commento: «Ciao! Il tempo cronologico lunghissimo, quasi eterno e la
forza di gravità hanno portato alla trasformazione degli elementi primigeni da
semplici particelle disorganizzate in atomi, a molecole inorganiche ed
organiche, ad amminoacidi, alle cellule, agli esseri viventi, all'uomo: è una
questione di "organizzazione" degli elementi. Dici che "inaspettatamente" ci sia
stato il passaggio da materia a cellule viventi, in realtà ci sono voluti
miliardi di anni del nostro tempo. Che poi questo sia il migliore dei mondi possibili
occorrerebbe chiederlo ai RICCHI ed ai POVERI di questo mondo e confrontare i
risultati: la maggioranza vince».
Il cortese amico che ha commentato il capitolo “Interrogativi” (Un bicchiere
mezzo vuoto) interpretando ”inaspettatamente” (peraltro nell’originale
scritto in corsivo) come se avessi voluto attribuire a tale avverbio una
modificazione subitanea: in realtà intesi di conferire il significato “mutamento
da una condizione all’altra”. E il mutamento non necessita di miliardi di anni.
Però, se parlassimo invece dell’evoluzione da un determinato stadio ad un altro,
potremmo inserire un gran quantità di piccoli o grandi mutamenti; e allora sarei
pienamente in accordo con il contenuto del commento.
L’espressione da me usata, può tuttavia cagionare anche un certo qual dubbio,
come sottolineato dal lettore, che ringrazio come gli altri che hanno inteso
esprimere i loro personali pareri.
Altro commento (di carattere tendente al metafisico) che riguarda ancóra
“Interrogativi” (Un bicchiere mezzo vuoto), che riporto integralmente e senza
una replica che non saprei come poterla formulare: «Caro Tommaso, l'Assoluto è,
nei Suoi effetti, totale. Nulla è "fuori" da Lui. Perché a ogni realtà se ne
oppone un'altra la quale, su di un piano più elevato d'osservazione, mostra di
esserle complementare, al fine di risolversi nell'unità dalla quale entrambe
derivano, in quanto necessaria e contingente divisione, richiesta da ogni
moltiplicazione di quei componenti che mostrano, in ognuno di loro, la natura
del principio che li ha modellati. Il quale principio è, a sua volta, simbolo e
modello inferiore della sua causa che, a sua volta segue la legge della
successiva causa in un andamento a spirale che modula la creazione, dal sopra al
sotto, dal dentro al fuori, dal Centro alla circonferenza... di tutto ciò che è,
che sarà, che ancora non è, che mai potrà essere, che è in germe, che è
contraddittorio, che è accidentale, che non è, ma che ama tutto e tutti. Allo
stesso modo, anche se con leggera precedenza a chi ha più bisogno d'aiuto. Un
saluto caro».
Nuovamente per “Interrogativi” (Un bicchiere mezzo vuoto):
“Non amo il detto: ‘Chi si accontenta gode'. Non mi sono mai accontentato eppure
ho goduto. Certo non sto parlando delle cose che dite voi, io parlo della
Conoscenza vera, quella diretta e immediata, non la liquirizia dentro il
pacchettino di farina di castagne. Chi non conosce il significato del termine
"Infinito" e neppure quello di "Onnipotente" e, della teoria stupidina del Big
Bang, si ricorda quello che mai è stato ipotizzato (non un punto, che è, per
definizione, senza estensione, ma sfera di materia compressa che si presume
essere senza origine), di queste cose dovrebbe astenersi dal dibattere”.
E così, chi non conosce il significato del termine "Infinito" e neppure quello
di "Onnipotente", ecc., ecc. “dovrebbe astenersi dal dibattere”.
Eh, no. Ognuno ha diritto di parola, caro lettore. Tappare la bocca a qualcuno,
pure se non erudito in fatto di cose metafisiche, non dovrebbe avere diritto di
replica e di dire la sua?
Perché?
Questo punto di vista non può essere accettato da chicchessia. Credimi.
Il seguente è un commento davvero doloroso: è riferito al
capitolo “La mamma” (Un bicchiere mezzo vuoto). Lo riporto con un certo amaro in
bocca, esprimendo tutta la mia solidarietà all’amico lettore; che ci informa,
purtroppo, di quanto segue: “Ciao Tommaso. Mia madre era ed è una brutta tipa,
che mi picchiava, che avevo quattro anni, con la bacchetta di siepe sul viso. Le
croste che mi lasciava impiegavano un mese ad andarsene, e quello era il tempo
durante il quale non mi portava alla scuola materna. Mi chiudeva al buio
nell'armadio per ore, e mi ha menato finché non sono riuscito a scappar via
perché correvo più veloce. Con un forchettone da forno ha tentato anche
d'infilzarmi, ma il repentino scansarmi le ha fatto stracciare solo il maglione.
Sono scappato da casa che ancora ero minorenne, perché mi picchiava anche mio
padre e, per farlo desistere ho dovuto andare anni in palestra di Karate, a
partire dai miei quindici anni. Poi ho cominciato a viaggiare in stop per
l'Oriente, dove ho trovato un po' di tranquillità, finalmente. Ora coi miei che
sono vivi e vegeti (mio padre ha ottant'anni e mia madre settantacinque), e non
gli parlo più, perché non si sono mai pentiti e dicono di non ricordarsene”.
Ho trovato a fatica la mia risposta per questo sconfortante fatto, replica che
riporto qui di séguito: Ogni regola, si sa, ha le sue eccezioni, ma l'argomento
trattato è troppo alto - non certo per mio merito - per poterlo relegare e
liquidare entro aridi limiti di una semplice catalogazione. Nella mia lunga vita
è, il tuo, per analogia, il secondo caso che ho incontrato. Questo tuo commento
così reale ed amaro non è una delle consuete repliche a uno degli scritti: vale
molto, ma molto di più!
Mi auguro che entro la regola da me descritta nel mio articoletto, e ora anche
auspicata, possa esservi inclusa la stragrande maggioranza delle Mamme, che
continuo perciò - e nonostante i due casi constatati -, a scrivere ancora con la
lettera maiuscola.
Non potendo permettermi, dunque, di estendere una significativa replica a questo
tua nota così dolorosa, lascia che ti giunga il mio forte abbraccio, con tutto
l’affetto. Tommaso.
Davvero bruttissime cose, purtroppo, per cui dobbiamo
riconfermarlo, che richiamano la nostra solidarietà e tutto l’amore possibile!
Capitolo “La mamma” (Un bicchiere mezzo vuoto). La mia
replica alla semiconfessione […] di questo amico lettore: Caro X, grazie per
avermi scritto. Grazie, pur constatando che l'e-mail mi è giunta da una persona
che soffre. Ho capito quanto hai inteso di dirmi e forse anche qualcos'altro.
Sappi però che se da una parte si perde, esiste sempre una compensazione; ma non
di carattere metafisico, intendiamoci, mi riferisco piuttosto alle capacità di
capire e, spesso, di sapersi anche esprimere con modi che altri raramente
posseggono.
Per quel che è possibile vivendo in un mondo siffatto, ti auguro ogni bene dal
profondo del cuore, e se butterai giù qualche tuo lavoro, mandamelo. Mi farà
piacere leggere ciò che deciderai di scrivere.
Io, a parte le fesserie con le quali talvolta imbratto la carta (ma che mi
servono pure da sfogo), sovente scrivo anche cose un po' impegnative per
scaricare le tensioni più forti. Non ci si fa da noi, del resto, e nemmeno ne
hanno colpa i nostri genitori, i quali non sono altro che strumenti nelle mani
della natura, ma che però brancola fin troppo alla cieca, nonostante che alla
natura siano spesso attribuiti poteri su poteri.
Fatti animo e - non so se ti potrà confortare - tieni presente che tanti, troppi
ragazzi, ragazze e adulti soffrono, ciascuno per i loro problemi. Teniamo
presente che non siamo soli e che, pur mettendoci tutta la nostra buona volontà,
non possediamo bacchette fatate... Non la possiedono nemmeno i maghi, perché
anche loro sono costretti a ricorrere... ai trucchi.
Non è forse così?
Fatti vivo quando lo vorrai. Io ho 79 anni finiti in questi giorni e, per quel
mi rimarrà da vivere, come ho sempre fatto, una buona parola la metterò per
chiunque bussi alla porta; anche se si tratta di una porta elettronica
escogitata e realizzata grazie a queste moderne diavolerie.
Ciao a presto.
Tommaso.
Capitolo “La terremotata” (Il grido d’allarme). La mia
replica all’amico X.
Mica scherzi, quando scrivi, caro X! Ho cercato di capire almeno l'essenziale,
ma si nascondono nelle tue righe concetti seri e che riguardano aspetti di vita,
che, nonostante tutte le nostre elucubrazioni, restano pur misteri.
Il fatto di sondare ci evita almeno l'accettazione supina... anzi, meglio se
dicessi l'accettazione prona di un'esistenza misteriosa.
Le tue parole serviranno a far capire a chi ancora non capisce e a confortare
chi già ha intuito, se non approfonditamente scoperto. La civetta di Minerva
compare sul far della sera, come ricordo nella “Presentazione” del libro
intitolato “Chi (ri)costruirà la ragione?” (è l'ottavo, nel caso che volessi
andare a darci un'occhiata). E io sono a sera inoltrata...
Sarebbe meglio non sondare, non approfondire, rimanere sul superficiale, ma
bisognerebbe esser nati con tali caratteristiche; non noi. A noi non sarebbe
possibile.
Ora ti saluto cordialmente, augurandoti ogni bene.
Tommaso.
L’opinione della mia cara lettrice al capitolo “Le
barzellette dei ricchi” (Un bicchiere mezzo vuoto).
“Grande verità… e ironia”.
“Le due suore” (Un bicchiere mezzo vuoto). Una lirica che è
stata così commentata da X: “Beh, a parte l'etimologia del nome, fra suore e
sorelle di differenza ne passa… Bella l'immagine quasi umoristica che ne
ritrai... ciao”.
“L’indice sul metro” (Un bicchiere mezzo vuoto). Il
commento dall’amico X. Un parere che può essere o non essere condiviso da altri:
“Cambia l'amore non è attrazione, come l'amore non è solo sesso, l'amore è un
concetto di sensazioni pure, non quello che i giovani vogliono far credere…
scusami, ma… Ciao. Una bella pagina....”. Espressioni un po’ confuse, ma il
senso si capisce benissimo.
Per “L’istrione” (Un bicchiere mezzo vuoto) sono in
possesso del seguente commento, che, anche se ne intuisco qualcosa, non riesco a
pienamente giudicare: «Il vero "successo" si ottiene quando si sta oltre alla
vita, non sotto. Perdere e vincere sono solo un mezzo per riuscirci, e si
equivalgono».
Il laconico, quanto chiaro commento dell’amico lettore X
che riguarda “Lo spilungone” (Un bicchiere mezzo vuoto): “Hai perfettamente
ragione”.
E la mia risposta non può essere che: grazie!
Per “Lo spilungone” (Un bicchiere mezzo vuoto) questo
altrettanto laconico, interessante commento di altro amico: “Leonardo Da Vinci
era alto 1,65... D'annunzio circa 1,60”.
Altro simile commento, che tenta di precisare ancora, sempre al riguardo de “Lo
spilungone” (Un bicchiere mezzo vuoto): “Mettiamoci anche Napoleone!”.
Un altro ancóra (che è del caro amico che mi ha “ripreso” in altre circostanze).
Riguarda anche questo “Lo spilungone” (Un bicchiere mezzo vuoto): “Questa volta
dissento. Sei caduto nel pensare comune che più alti si è e più vasto è
l'orizzonte osservato, mentre la vera sintesi del conoscere è data dal punto
d'osservazione centrale della realtà. Che non è sopra, che non è sotto, che è
nel Centro dove sta la Causa del tutto. Per questa ragione non si deve chiamarlo
"punto di vista". Perché non ha un correlativo opposto e altrettanto falso. Uno
stringione, Tommaso caro”.
Al che potrei senz’altro far presente al “vecchio” amico che stavolta persino mi
“stringe” affettuosamente, che quando si dice vedere “meglio” o vedere “di più”,
non significa affatto, di una realtà, vedere, o peggio, conoscere, il “giusto”:
differenza sostanziale, mi pare.
…come rilevo talvolta anche battibecchi. Fra chi commenta, come il caso che
riporto per curiosità, e un precedente… esegeta. Per “Lo spilungone” (Un
bicchiere mezzo vuoto) un altro amico aggiunge: “Certo che, X... attribuire una
qualche qualità a un porco come D'annunzio... non ti fa onore, e Napoleone era,
a confessione sua, un feroce assassino. Potevi tirarne in ballo altri che non
violentatori di popoli e fascisti... Eddai sù...”.
A volte, pur se vengono coinvolte persone seppur decedute,
si potrebbe toccare la suscettibilità di qualche lettore, cosa che non vorrei
mai assolutamente fare. Per cui, pur se non posso aggiungere ”audiatur
et altera pars”, si ascoltino anche
le altre parti, perché ormai… assenti, posso almeno ribattere il classico
“absit iniuria verbis”!, ovvero sia lontana ogni offesa con tali parole
per chicchessia.
E, sempre a proposito de “Lo spilungone” (Un bicchiere
mezzo vuoto), ho ritrovato anche un commento ad hoc che annotai allora, e
che qui di séguito riporto:
Bravi, assai graditi i vostri commenti. Ritengo infatti sempre utile ragionare.
Poiché nessuno di noi mortali ha nelle proprie tasche verità certe e assolute
valevoli per tutti e in ogni circostanza, il còmpito di ognuno di noi è quello
di riflettere e di conoscere quanto più sia possibile.
Perciò, non importa se concordate con me o non concordate affatto: sono già
soddisfatto ove taluni miei scritti possano suscitare formulazioni di pensiero,
del vostro pensiero; così come, sempre parlando in generale, non posso che
accettare i fraintendimenti, dato che fanno parte della natura umana.
Auguro buone letture a tutti. E, in più, esprimo il mio vivo grazie a quei
lettori che, bontà loro, seguono il filo dei miei pur modesti pareri.
Desidero tuttavia precisare che essi sono soltanto “proposte di lettura” e non
certo “imposizioni” di mie opinioni: perciò non intendono mai, e in alcun caso,
essere dispensatrici di certezze.
E, inoltre, dove non arrivo io... potete arrivare voi. Cosa che, quantomeno,
giustifica anche un po' - vi sembra poco? - le mie numerose "fatiche"…
Un caro saluto a tutti.
Tommaso.
“Ce lo chiediamo tutti (compreso quello sotto a te che si
scatta fotografie nudo eppoi le pubblica sul web chiedendo l'applauso)” è il
commento a “Ma che razza d’uomo…” (Un bicchiere mezzo vuoto).
E un altro amico commenta: “Un uomo per tutte le occasioni”. Ed altri, talvolta ovvi, che non è il caso di riportare.
Altro commento per “Ma che razza d’uomo…” (Un bicchiere
mezzo vuoto): “Un uomo che si è ritrovato”.
Per “Nemo propheta” (Un bicchiere mezzo vuoto) ricevo il seguente
commento: “La ragione è semplice, questa volta. Ogni profeta ha, per compito,
quello di correggere il degrado dell'azione dell'interpretazione umana, sui
principi promulgati dalle religioni. Questo indica che il profeta, pur
mantenendo inalterati questi principi, cambia i modi della loro interpretazione,
che si sono corrotti. Il nuovo vestito che si affermerà, produrrà una frattura
che dividerà la vecchia visione dalla nuova e, con lei, metterà in discussione
anche il potere che si avvantaggia del vecchio e deperito modo d'intenderne i
valori. Questi vecchi rappresentanti tacceranno di eterodossia il nuovo corso
che, per avere la libertà di affermare, dovrà allontanarsi dalle vecchie
conoscenze spirituali. Le diverse religioni si adatteranno quindi alle varie
latitudini nei modi d'esposizione delle medesime verità le quali, per mantenere
intatto il loro rapporto coi principi universali derivanti dallo stesso
Principio Unico, non dovranno per nessuna ragione essere in contrasto tra loro
nella conoscenza degli stessi fondamentali principi”.
Un impegnativo commento, per il quale, tuttavia, non mi rimane che ringraziare
vivamente questo caro amico che lo ha così ben pensato e costruito, tanto che
non oserei toccare una virgola! Altro commento per il capitolo “Nemo propheta”
che riporto anch’esso integralmente: “La frase che segue è meglio chiarirla
(quella che segue è una frase del commento precedente, n.d.r.): - Questi vecchi
rappresentanti tacceranno di eterodossia il nuovo corso che, per avere la
libertà di affermare, dovrà allontanarsi dalle vecchie conoscenze spirituali -.
Dovrà allontanarsi, non dalle vecchie conoscenze spirituali, ma dal corrotto
modo d'intenderle il quale, non volendo lasciare la presa che gli procura
potere, costringerà il nuovo profeta a emigrare e, con lui, la sua nuova
interpretazione. Questa varierà anche al variare delle esigenze temporali,
perché il tempo si contrae e muove come tutto, andando verso una quantificazione
della realtà dovuta al suo graduale allontanamento dal Principio che è la sua
Causa”.
Sono espressioni, queste, più alte del mio grado di comprensibilità, e pertanto
lascio al lettore ogni possibile interpretazione.
Ma vedete, però, quali e quante soddisfazioni mi dànno i numerosi amici che si
occupano dei miei scritterelli, buttati lì, si può dire quasi con una certa
indifferenza (o nonchalance, se a qualcuno il termine piacesse magari di
più...).
Ancóra un commento per “Nemo propheta”: “Mi ha convinto più Dostoevskij
che Leopardi. Anch'io sono e mi sento ridicolo ma non perché voglia sembrare
diverso da quello che sono ma proprio per quello che sono. Tragico?”.
Grazie anche a te, come a tutti gli altri che hanno commentato i miei capitoli,
amico X!
Per “Operazioni chirurgiche” (Un bicchiere mezzo vuoto)
ricevo una simpaticissima espressione racchiusa in queste poche parole, ma assai
gradite, che seguono: “Una solida riflessione. Complimenti”.
Ricevo anche un commento assai articolato, che sùbito riporto:
“Vedi, Tommaso, bisogna sempre ricordarci di quello che ha detto Dostoevskij:
Ognuno è compartecipe della colpa degli altri (cosa che io penso sia valida
anche nei confronti di Dio).
Aggiungo anche che in una regione dell'Africa che non ricordo, quando c'è un
insano di mente nel villaggio, tutti se ne sentono colpevoli.
Per cui noi tutti siamo in parte colpevoli delle eventuali azioni "insane" dei
nostri poveri ufficiali in missioni guerresche, e anche della malpratica
sanitaria. Tutti i cittadini devono preoccuparsi delle leggi e della loro
corretta applicazione. Si deve altresì vegliare sulla preparazione dei medici e
degli ufficiali se non si vogliono sorprese”.
Di nuovo molte grazie, per questi tuoi sempre intelligenti commenti!
“Appare ovvio che consideri tutti i Profeti, Cristo
compreso, palloni gonfiati...” È, questo, il commento di X, che si riferisce al
mio capitolo “Palloni gonfiati” (Questo nuovo millennio).
Che dire, amico X. Ora mi tiri fuori nomi altisonanti, santi o santificati. Io,
però, non posso giocare a questo medesimo gioco. Mi limito perciò ad esporre una
sorta di sillogismo; il seguente: L’uomo sta alla materia come il non-uomo sta
alla non-materia. Tutti i Profeti Cristo compreso sono uomini, per cui tutti i
Profeti, Cristo compreso (non Dio, che è non-materia), stanno alla materia.
Mi sembrerebbe lapalissiano.
Altro parere, sempre sul capitolo “Palloni gonfiati”: “Più sono gonfi d'aria,
più vanno lontano dalla realtà e dalle relazioni affettive. Il problema non
sussiste”.
Altro nobile “materia” per rifletterci su attentamente…
“Non si dànno un ruolo ci credono veramente e la tragedia è che molte volte
l'esser tronfi è supportato da soldi non sudati...”, ci dice il caro X,
nuovamente commentando “Palloni gonfiati”.
Già, hai veramente ragione. I soldi, specie quelli non sudati, contribuiscono
notevolmente a dare “sicurezza” e arroganza, sfacciatamente, a qualsiasi testa
di cavolo. Ma loro, possiamo giurarci, ignorano tutto ciò che è critica ad essi
rivolta, figuriamo, poi, questi nostri commenti e contro commenti!
Ed ecco, sempre a proposito di “Palloni gonfiati”, che si accoda, per dire, un
altro nostro amico, che ci dice: “Triste il fatto che, tra tanta gente che vedo
buona e intelligente, solo questi palloni gonfiati si trovino sempre in
posizione di potere. Minoranza al comando a difendere i diritti e le poltrone
delle minoranze, ma la maggioranza? E la democrazia?”.
“Lo scoiattolo della pubblicità insegna come anche certi palloni gonfiati
potrebbero con le loro flatulenze contribuire al lavoro antincendio dei Canadair
specie nel periodo degli incendi dolosi”. È un ulteriore commento, sempre per
“Palloni gonfiati”.
Certo, amico X, il negativo fa risaltare le positività. Questa non è una novità.
Come ho scritto in altra parte su queste stesse pagine, “pur amando il bianco,
rispetto il nero: poiché è proprio l’assenza, dei colori, che fanno apprezzare i
colori stessi”. Quindi, amico X, d’accordissimo.
Postato anni or sono non ricordo quando, ecco qui un mio commento che mi preme
riportare anche su queste nostre “nuove” pagine dopo averlo pubblicato anni or
sono quale risposta a commenti per il capitolo “Palloni gonfiati”: Ottimi i commenti da voi qui sopra cortesemente espressi e
sovente postati anche su altre mie pagine. Desidero ricordare che le mie
opinioni sono pur sempre tali e non intendono essere imposizioni per chicchessia
(come del resto avevo precisato qui sopra nei commenti a “Lo spilungone”). Ma
ciò che non esprimo non può essermi attribuito (in questo caso val bene il detto
"scherza coi fanti e lascia stare i Santi!
Inoltre, il rispetto per la sensibilità di ognuno è
basilare. Ma a volte si può incorrere sia in fraintendimenti sia in espressioni
non propriamente felici: possono dipendere e/o da improprie interpretazioni di
chi legge e/o da chi, pur non essendo uno scrittore come me, tuttavia intende di
scrivere. Cercherò di migliorare in seguito (siamo nel 2001), chiedendo venia
fin d'ora se talvolta posso aver causato involontari qui pro quo. Non ho
malevolenza verso nessuno, né tanto meno verso chi mi ha ripetutamente
dimostrato di essere interessato a seguire i miei pur modesti scritti. Anzi, i
miei più cari saluti a tutti, Tommaso.
Poco dopo feci seguire il piccolo “supplemento” che riporto
anche qui, allegabile al commento precedente: "I libri più utili sono quelli
dove i lettori fanno essi stessi metà del lavoro: penetrano i pensieri che
vengono presentati loro in germe, correggono ciò che appare loro difettoso,
rafforzano con le proprie riflessioni ciò che appare loro debole". Voltaire.
Grande Voltaire!
ANCORA GRAZIE, AMICI! Tommaso.
Commento a “Per un sì, per un no” (Un bicchiere mezzo
vuoto), dell’amica X: “Ha l'essenze di verità a volte mascherate dalla vanità
degli esseri umani. Ciao...”.
Mentre un altro amico, sempre “Per un sì, per un no”, lo commenta nel modo
seguente: “Il meccanismo che hai descritto credo derivi dall'osservazione che la
vita, invece il "no" non lo giustifica mai e, poiché se ne vedono gli effetti
devastanti... noi cerchiamo, con le giustificazioni ai nostri no... di non
esserne coimputati.
“Una splendida dedica. Da brivido...” è invece il breve
testo relativamente al commento di una gentile amica alla mia lirica “Pergamena”
(Il rifugio nell’anima).
Grazie, X, mi hai fatto particolarmente piacere!
Uno dei più colti commentatori dei miei scritti, così
chiosa la mia lirica intitolata “Preghiera a Dio” (Questo nuovo millennio): «Fa sempre bene rileggere gli "antichi", molto spesso più
saggi di noi, e la loro saggezza la esponevano in prosa d'arte, chiarissima.
Voltaire era uno di loro. Pound pone Voltaire tra gli autori vaccino da
comprendere nel curriculum di ogni studente (Confucio, Omero, Ovidio, Provenzali
(I Provenzali? N.d.r.), Dante, Cavalcanti, Villon, Voltaire, Stendhal, Flaubert,
Goncourt, Gautier, Corbière, Rimbaud) e concludeva così: Dopo questa
inoculazione il soggetto potrebbe "esporsi con sicurezza" ai moderni e a
qualsiasi altro in letteratura».
D’accordo. Pienamente d’accordo, X carissimo!
Una precisazione che mi perviene sempre dall’autore dell’appena riportato
commento: “Scordavo il dato bibliografico relativo. Ezra Pound - Saggi letterari
- Garzanti 1957. pag 62-63”.
Sempre relativamente a “Preghiera a Dio”, mi scrive un
altro caro amico: “A proposito del progresso emancipatoide, ricorderò i morti
per bombe atomiche, a frammentazione, a grappolo, al fosforo, a svuotamento
d'aria, all'uranio; ricorderò la vivisezione, il massacro degli indiani e dei
bisonti, il traffico d'organi e di droga, il medio oriente sottosopra,
l'invenzione di conflitti per vendere poi le armi, i vaccini con abortivi dentro
in Centro America a cura di c-e-n-s-u-r-a-t-o, le carceri segrete della
c-e-n-s-u-r-a-t-o(*), le libertà obbligatorie con tortura.
Basta? Emancipati da crimine, altro che occ-acc- incidente!”.
---
(*) - “c-e-n-s-u-r-a-t-o” - Non avendo potuto accertare le due notizie riportate
dall’amico lettore, ne ho censurato i nomi, certo che, corrispondendo
sicuramente verità, ognuno capirà a chi si riferisce.
Ma non termina qui la serie dei commenti per “Preghiera a Dio”: “Dimenticavo che
gli snobbissimi emancipatissimi occidentali hanno propugnato a ricatto l'aborto
come dovere medico mondiale, condito da leggi per facilitare l'iperlavoro della
povera donna e lo sgretolamento della sua famiglia. Vogliamo ancora sentirci
superiori? Più evoluti? Bombardare l'Iran con le atomiche, poi togliere i figli
ai bombardati per affidarli a coppie sodomite? E ringraziamo l'illuminismo... ma
via...”. Non c’è che dire, amici, ne abbiamo potute leggere di cotte e di crude:
il mio lavoro senza questi importanti commenti diventerebbe una giacchettata
(come si dice…).
Anche a questo punto, segue la mia rinnovata sebbene in
parte ripetitiva annotazione per l’entusiasmo datomi da tutti i commenti postati
dai vari, numerosi amici: Vi ringrazio. Ringrazio chi si è occupato e continua a
occuparsi delle mie a volte strampalate elucubrazioni. Terrò maggiormente conto
per l'avvenire dei suggerimenti, anche se non ne potrò far tesoro nella diretta
maniera indicata da Voltaire (chiedendo scusa al caro X nel ricordare
quest'illuminista): "I libri più utili sono quelli dove i lettori fanno essi
stessi metà del lavoro: penetrano i pensieri che vengono presentati loro in
germe, correggono ciò che appare loro difettoso, rafforzano con le proprie
riflessioni ciò che appare loro debole". Citazione tratta nel commento che ho
scritto poco sopra - certo lo ricorderete - entro il commento relativo al
capitolo “Palloni gonfiati”.
L'utilità dei commenti, per me almeno, sarà maggiormente
evidente per i prossimi lavori (se ce ne saranno, data la mia considerevole
età).
Riguardo a quello postato dal medesimo X, suggerirei di
leggere il mio capitolo "Invenzioni Pericolose"; se non altro, per potersi
rendere conto del perché io possa aver pensato in un certo modo. Ma comprendo
benissimo cosa X intende dire: incondizionatamente di ragioni ve sono a iosa, e
assai serie, purtroppo. Tuttavia, se volete, tale capitolo potrà essere
scaricato (sempre gratuitamente e legalmente come tutti i miei scritti ) dal sito
www.tommasomazzoni.it
Be', al carissimo e cólto Y, alla maniera dei radioamatori,
porgo i 73+51 cordiali (per i non OM, 73 significa saluti e 51 auguri). E così
pure il mio altrettanto caro saluto lo porgo alla fedelissima Z, che spero non
voglia abbandonarmi con le simpatiche e gradite sottolineature. A proposito, X,
l'hai letto il mio capitolo intitolato "Il CW?". Lo puoi trovare sempre sul mio
sito. Naturalmente a te non ho da insegnare nulla, ma te lo indico solo per
curiosità!
A tutti quanti - lettori presenti, ma anche a tutti gli
altri lettori e non lettori dei miei scritti - invio gli Auguri più sinceri per
il nuovo Anno! Tommaso.
P.S. - In questo caso l’augurio intendeva essere per il 2008, ma nessuno, oggi,
mi può impedire di rinnovarlo a tutti voi anche per i prossimi anni a venire!
Per “Qualche rigo di istruzioni” (Un bicchiere mezzo
vuoto), questo stringato commento: “Imbecilli si diventa”.
Ed uno successivo, da altro lettore: “In molti già lo sanno, è che credono gli
convenga star da quella parte...”.
Altro breve commento per “Quasi una lettera” (Un bicchiere
mezzo vuoti), da parte di un lettore indubbiamente affezionato: “Sei un
fenomeno! Puntualmente, caro Tommaso”.
Grazie, amico X!
Parlando e mescolando un po’ professionisti e prostitute,
nel mio capitoletto intitolato “Rapporti (N. 1)” (Un bicchiere mezzo vuoto), il
caro amico X cosi argutamente commenta:
“Quando ti troveranno, accoltellato alla schiena in un vicolo buio e con un
coltello artigianale... sapranno in quale ambito cercare gli assassini...”.
Birichino birichino, caro amico X: i professionisti, che sanno come li stimi,
sono certo che se ne guarderanno bene dal farmi del male. In quanto alle
prostitute, dico che anche loro…
Bè, meglio lasciar perdere!
Riguardo al capitolo “Realtà” (dal libro Un bicchiere mezzo
vuoto), ricevo un commento, che ricorda un po’ la sindrome di Peter Pan
del compianto Autore scozzese James Matthew
Berrie(*) :
“Tutto irrimediabilmente cambia e ci porta via l'infanzia”.
---
(*) - James Matthew Berrie -
Ritengo che non moltissimi sappiano che il singolare Autore di Peter Pan,
alla morte lasciò
in eredità i suoi diritti d'autore al
londinese GOSH, Ospedale pediatrico Great Ormond Street Hospital:
un gesto veramente nobile, questo Suo, che collima esattamente con i miei
princìpi.
Sempre per “Realtà”, mi giunge il seguente commento: “Come aprire gli
occhi… in un bicchiere mezzo vuoto! Mi è piaciuta perché non pecca minimamente
di stanchevole quanto stucchevole sola nostalgia.
Con un singolare commento mi perviene addirittura anche una
poesia di un colto amico poeta. Merita di essere riportata integralmente: “Caro
Tommaso io in proposito ho chiuso così una mia lirica.
«....Ora / che il tempo e l'uomo / hanno tutto sconvolto, / nel cuore a difesa /
di quei cari ricordi cade/ eroica guardia imperiale / la memoria senza
arretrare, / "Merde!" / gridando al destino. / Pertanto "Calmez vous, mon ami! /
Tout passe, / tout casse, / tout lasse, / et cette fois-ci ça casse!».
Nella misura per cui ho molto gradito questa parte conclusiva di una sua poesia,
mi ha anche indirizzato, sempre per “Realtà”, una frase da me particolarmente
gradita. Questa: «Lirica di piacevole languore e di buon sesto. Un abbraccio
cordiale ed empatico».
Una gentile lettrice mi scrive, ancóra proposito di “Realtà”: “Ha il profumo del
rimpianto.....bella”. Grazie, amica X.
“Sarebbe davvero triste se questo procedere non alludesse al rinnovamento,
continuo e necessario a un fine raggiungibile, anche se tanto lontano.
L'Infinito nel quale l'indefinitamente finito è immerso, nel Suo non avere
limiti ci riserverà continue sorprese, statene certi...”.
È questo il commento dell’amico lettore X, concernente la lirica intitolata
“Realtà”.
Nuovamente per “Realtà”: “In questo scatolone in cui ci troviamo, pieno di
pareti di cartone con porticine irriconoscibili perché hanno lo stesso colore,
di solito i topolini invecchiano prima di trovare l'uscita e s'accasciano,
disillusi e stanchi, a mezza via. Ma, ovunque nella scatola questo accada, gli
si apre sotto al sederino una botola che li precipita in altro scatolone, sempre
di cartone, ma con meandri differenti. L'Infinito, non avendo limiti, non
necessita di far riconsiderare realtà già vissute, e si diletta, nella Sua
sconfinata creatività, nel provarci che si può desiderare e aspirare a essere
più che topolini, e gli scarsi risultati che ottiene non lo convincono a
desistere dal farlo. Noi, questo giustamente, ma mica sempre, modo Suo di essere
più che un essere... lo chiamiamo "Amore". Chissà in che scatolone finiremo,
contro quali porte invisibili ci sfiniremo, e quale diversi cieli
bestemmieremo... catturati in questa Libertà che c'imprigiona... al fine di
renderci liberi davvero?”.
Un commento che mira verso chiare allusioni spiritualistiche. Sempre grazie,
amico lettore X.
Per “Romanzo d’appendìce” (dal libro Questo nuovo millennio): “Mi aspettavo di
leggere un breve romanzo e invece mi hai fatto sorridere. Grazie”.
Grazie a te per averlo letto comunque!
“Versi intrisi di un atmosfera antica... molto bella! Ciao”. È il breve, spontaneo commento - un genere pur sempre
gradito -, dell’amico lettore X, postato per “Temporale ad Akragas” (libro “Il
rifugio nell’anima”).
“Da cosa nasce cosa... e si arriva assai lontano.
Ragionamento ben condotto!” Anche il tuo parere lo apprezzo molto. Grazie,
carissima X. La lettrice si riferisce a “Troppe fantasie, Tommaso (La tunica)”,
(Un bicchiere mezzo vuoto).
Nuovamente per il capitolo “Troppe fantasie, Tommaso (La tunica)”, il simpatico
commento di un amico lettore: “Ahh...l'etimologia! Ecco un aspetto purtroppo
troppo trascurato della nostra lingua. Un sorriso”.
Sorriso contraccambiato. Grazie.
Sempre per “Troppe fantasie, Tommaso (La tunica)”: “Tiene a capa fresca... però
sfizioso e anche storici collegamenti delle origini”.
Benaccetti tutti i commenti. Molte grazie.
Per “Un anno ben cominciato” (Questo nuovo millennio), un
caro amico lettore così commenta: “Quando sento che una banca è stata assaltata
(senza feriti o morti, naturalmente) lancio un grido di gioia, che mi si strozza
subito in gola, perché penso che alle assicurazioni quella banca denuncerà di
più del furato (sottratto, fregato; da fur, furis = ladro. N.d.r.). Da
qualche anno sembra che i soldi che vi depositiamo per una miseria, siano delle
banche e non nostri”.
Una osservazione seppur oggettiva, purtroppo veritiera. Un problema che tende a
non risolversi affatto e che mi ha richiamato il problema del signoraggio, di
cui ne ho fatto cenno nel capitolo “Uomini e banche” (Alfa, anzi, omèga). E,
sempre nel predetto capitolo” del due giugno 2000, incluso alcune osservazioni
al riguardo proprio degli atteggiamenti delle banche (da cui appunto quel
titolo), ho riportato il seguente, significativo trafiletto di Beppe Grillo (n.
1948): “L'economia sa tutto di te e tu non sai niente dell'economia. La tua
banca sa tutto di te, di quanti soldi hai, e quando li spendi; ma tu non sai
niente di cosa fa la banca dei tuoi soldi, dove li mette, e se ce li ha!”.
Grazie, amico X, del tuo assai gradito intervento.
Quello che faccio seguire è il commento di un amico lettore per “Uomini e
banche” (Alfa, anzi, omèga), che riporto esattamente come al solito: “Se le
banche dovessero restituire i proventi della rapina continuata ed aggravata che
si cela dietro il termine signoraggio, l'intero debito pubblico italiano
scomparirebbe d'incanto e ci ritroveremmo ad essere una della nazioni più
benestanti dell'intero pianeta. Il problema è che nessuno si sogna di mandare
per aria il sistema, perché chi potrebbe farlo non ne ha l'interesse: i
politicanti sono ormai da tempo i camerieri in guanti bianchi e livrea dei
banchieri internazionali. E stanno bene così”.
“Le banche fanno credere che i nostri soldi hanno un corrispettivo in oro,
mentre invece hanno valore solo nella nostra mente. Scrolliamoci di dosso questa
convinzione, e le banche saranno finite”, scrive un caro amico lettore. Si
riferisce al capitolo “Uomini e banche” (Alfa, anzi, omèga).
In riferimento al capitolo “Uomini e banche” (Alfa, anzi, omèga), il commento
seguente: “Visto che siamo governati dai banchieri, hanno fatto in modo che non
sia possibile fare a meno delle banche, predisponendo la vita e i bisogni di
ciascuno in funzione di... L'unica chance sarebbe non esistere”. Non ho però
capito a chi o a che cosa questo non esistere si riferisca. Forse voi amici che
leggete questi commenti comprenderete cosa intenda dire. Io, no. Ringrazio e
saluto cordialmente la cara e cortese amica.
Nuovamente per “Uomini e banche” (Alfa, anzi, omèga): “Sai cosa bisognerebbe
fare? Fare a meno delle banche, una specie di rivoluzione culturale, dove tutti
ma proprio tutti i cittadini non depositano il loro denaro, né se lo fanno
rubare. Hai ragione, peggiore di rubare una banca è fondare una banca perché
comunque saremo rapinati a vita”.
Il veemente commento della cara amica lettrice mi pare accennare, fra l’altro,
l’aforisma del drammaturgo bavarese Bertolt Brecht (Eugen Berthold
Friedrich Brecht, 1898-1956), a proposito delle banche”, ossia il
seguente: “Cos’è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?”.
“Molto bello e pieno di verità. Bravo. Ciao...” è un breve
commento dell’amica X per “Un cenno di saluto” (Un bicchiere mezzo vuoto).
Grazie, cara amica lettrice. E scusami se non riporto tutti i tuoi numerosi,
brevi commenti, sempre però assai graditi da parte mia.
Per “Un cenno di saluto” (Un bicchiere mezzo vuoto). Un assai tagliente amico
lettore mi scrive per “Un cenno di saluto” (Un bicchiere mezzo vuoto): «Ciao
Tommaso, già che sei sull'argomento... trova il tempo per una riflessione su
qualcosa che è analogo al saluto e che tu mai o quasi mai fai. Il commento o la
replica ai commenti... eheheh, ti ho colto in castagna, caro il mio "quasi
vecchio" orso canterino e letargico». Cui seguono, dopo avere bonariamente
pinzato, i consueti segnetti di amicizia di Scott Fahlman.
A parte il fatto del saluto, che non tralascio assolutamente mai, riguardo ai
commenti il lettore, e parecchi di voi, sapete ormai già come la pensi; perciò
evito di dare una risposta simile a quella già riportata in commento a
“Corrispondenze mancanti” che è possibile trovare proprio fra queste pagine.
Il discorso potrebbe chiudersi qui, ma procedo nel modo che segue: Rinnovo anche
a te il mio grazie, ancóra precisando che tutti, tutti quanti i commenti
pervenuti con qualsiasi modo e mezzo mi sono graditi, dimostrandomi così
interesse e un certo attaccamento: lo so, mi vorreste… (evitiamo l’aggettivo
“perfetto”). Ma un tale aggettivo esiste sono nelle grammatiche: nel mondo,
almeno quello che conosco, una cosa o una persona che riesca a definire tale non
l’ho mai vista né incontrata: riguardo a me, dovrai - se naturalmente lo vorrai
- sempre e inevitabilmente… sopportarmi così come sono.
Il libro in riferimento parla di un “Bicchiere mezzo
vuoto”. Ecco, considera che, sempre se lo vorrai, dovrai rivolgerti a una
persona mezza negativa, più che positiva. Sappi che nemmeno io sono contento di
me, anche se tento e ritento poi di accettarmi per quello che sono.
Questa la mia pecca? Se tu conoscessi tutte le altre! Allora sì che…
Evitiamo la lungagnata, vai, che è meglio: ma lo faccio soprattutto per non
perderti come amico, oltreché come lettore. E qui ci sarebbe stata proprio bene anche
una emoticon di Scott Fahlman, ma nel libri mi sono ripromesso di
non usarne, per cui…
Dato che me la sono cavata piuttosto malino, aggiungo anche per te, come per
tutte le altre numerose amiche ed amici, il mio sincero, forte abbraccio.
Ah già… e pure il mio saluto. Sennò…
Per la lirica “Un giorno diverso” (Il rifugio nell’anima):
“E come burattino di me stesso... Incantato”.
E, per “Un giorno diverso” (Il rifugio nell’anima), altro commento: “Quando si
torna alle origini ci si sente nuovi. Intrigante e ben formata lirica questa di
Tommaso”.
“Ha l'essenza di originalità con profumi andati ma ritrovati. Bravo… ciao”. È il
commento di una cara lettrice, sempre per la lirica “Un giorno diverso” (Il
rifugio nell’anima).
Commento alla lirica “Un pezzo prezioso” (Un bicchiere
mezzo vuoto).
“Una scacchiera che non è la sua, ma che sembra appartenerle comunque, data la
fierezza dell'incedere. A volte l'atteggiamento a testa alta, la consapevolezza
di sé e della propria decisione fanno involontariamente conquistare lo spazio
circostante. La signora da te descritta mi appare come una regina: nessuno ne
vede la corona, ma nonostante questo, se ne avverte la presenza. Ciao. X.
Che dirti, amica X, è questa tua sensibilità assai affine alla mia. Tu ti sei
espressa anche più poeticamente di me: una sensibilità non comune, la tua.
Grazie per quanto scritto!
La medesima lirica “Un pezzo prezioso” (Un bicchiere mezzo vuoto) pure
commentata, questa volta da un amico lettore: “Bella immagine, anche se mancante
del pensiero di come saranno, da vecchi, i giovani che le svolazzavano attorno,
sbruciacchiandosi di regalità”.
Ma perché occuparsi dei guidatore dei gracchianti motorini: sappiamo tutti
compreso i miei lettori, se non per primi, come andrà a finire. Come si usa
dire, la ruota gira. Gira analogamente per tutti. È il tempo, che come ho inteso
di mettere in risalto nella lirica, che - per dirla con un’espressione dei
nostri giorni - fa la differenza.
Grazie!
Non stona affatto, per “Un pezzo prezioso” (Un bicchiere mezzo vuoto), questa
battuta deliziosamente ribelle al lirismo. Dice un nostro amico lettore: “Stava
venendo da me... è la mia fidanzata stagionata, vedi di guardare da un'altra
parte la prossima volta per favore...” dimostrandomi comunque di seguire ciò che
scrivo. Sembrerebbe cosa da poco, ma per me…
Con il commento “Bella pagina storica...”, carissima X, mi
promuovi quasi a “storico”, che tanto vorrei essere e che non sono. Tuttavia,
grazie anche a te.
Si tratta di una sua nota per il capitolo intitolato “Una rivoluzione
silenziosa” (Un bicchiere mezzo vuoto).
Il seguente è un commento, per me particolarmente gradite perché proviene da un
amico lettore che già almeno un paio di volte, prendendomi in castagna o quasi,
ha inteso di indirizzarmi le sue bacchettature. Ora riporto il suo commento per
“Una rivoluzione silenziosa” (Un bicchiere mezzo vuoto): “Bravo e grazie a nome
di tutti coloro, e non sono pochi, che pensano che il latte lo fanno i
supermercati e le mucche sono viola e fanno il cioccolato. Ma io so che ogni
cosa che scrivi, anche se ammira le funzioni Booleane, ha nostalgia
dell'inchiostro e dello svolazzo calligrafico...”.
Il divulgatore si limita a spiegare con parole piane le cose più ingarbugliate.
E mi dico perciò, che male c’è, di grazia, se mi piace aggiungerci anche una
cornicetta: non ci stona mica, vero?
Una conferma di almeno parte di certe mie teorie al riguardo del “principio” che
riguarda la proprietà.
Certamente tendenza di provenienza naturale, talune specie di animali almeno
confermerebbero questa tèsi, nel demarcare il proprio territorio con cinguettii,
cospargimenti delle proprie urine, ecc.
Ad hoc, per l’articolo intitolato “Una strada privata” (Un
bicchiere mezzo vuoto) ricevo il seguente documento: “È la stessa mia tesi che…
non esiste nessuna mappa e ripartizione di Dio. Lo scrissi in una poesia dove
inveivo contro la chiesa che avallava indebite appropriazioni fatte nei secoli
con sangue e sfruttamento. Mi presero per matto. penso a te sia accaduto la
stessa cosa, ti avranno dato dello squilibrato ma quando uno dice verità anche
se partono da molto lontano non sono mai gradite specie se danneggianti”.
Altro parere, sempre per il capitolo “Una strada privata”
(Un bicchiere mezzo vuoto): “La proprietà privata esiste dal momento che
costituisce l'altra faccia, in opposizione e complementarietà, di quella
pubblica. Ed è giusto che ci sia, perché chi la lavora la terra matura più
diritti di chi la consuma e basta. Il caso della spiaggia di tutti, però,
modifica questa opposizione in complementarietà, restituendola nell'obbligo del
transito libero solo allo scopo di accedere alla battigia pubblica. C'è una
precisa legge al riguardo che ha scatenato l'ira di tutti i ricchi proprietari
terrieri della Sardegna, in principal modo (Costa Esmeralda), e poi del resto
dei possidenti Italiani che si arrogavano diritti non loro. Tu, Tommaso, avresti
potuto imporre il tuo passaggio per legge”.
Al quale ha fatto seguire subito il seguente trafiletto: “Credo avrei dovuto
scrivere "Costa Smeralda"... In ogni caso la procedura per avere il diritto di
passo consiste nel chiamare i vigili del Comune coinvolto, o la Polizia o i
Carabinieri. I proprietari dei sopraddetti fondi devono, obbligatoriamente, o
aprire un passo sempre aperto e parallelo a quello privato, o lasciare aperto il
cancello. Sono, altrimenti, multone ai proprietari...”.
Già. Come ho espresso nel mio articoletto, fui conciliante (o arrendevole
secondo il punto di vista). Gli è che, carissimo X, non sono mai stato
piantagrane, ma sempre piuttosto accomodante. E naturalmente, come facilmente
immaginabile, l’ho preso costantemente, e inevitabilmente, nel posto (per
fortuna solo… figuratamente) che tutti sappiamo quale sia!
Per “Vecchia fotografia” (Il rifugio nell’anima) ricevo un
laconico quanto piacevole: “Molto bella”. E, riferita certo alla protagonista
della stessa lirica, ricevo anche un’espressione così formulata:
“Fortunatissima!!! Ciao”. E per il momento almeno, i pur brevissimi commenti si
concludono con un “Beato te... Ciao”.
Tre espressioni convergenti che mi rincuorano. Mi pare che tutt’e tre
appartengano al gentil sesso, ma comunque a persone sensibili, senza dubbio.
Grazie!
“Che domande: andranno a riposare in madre terra […]” (Ho dovuto togliere la
restante parte del commento causa note improprie).
Il commento è per “Roccia vulcanica” (Il rifugio
nell’anima): a prima vista ovvio... ma non troppo!
Nuovamente per “Roccia vulcanica” (Il rifugio nell’anima), il commento di un
amico lettore: “Poesia dai mille risvolti, riflessioni sul cammino della vita,
tra ricordi sbiaditi e diaframmi di creatività”.
“La vanità della vita è scolpita solo sulla lapide che ognuno vorrebbe portare
con sé... per sempre. Un caro saluto”. Sempre per “Roccia vulcanica” (Il rifugio
nell’anima).
Ricevo per “Roccia vulcanica” (Il rifugio nell’anima): “Amore senza odio, pace
senza guerra, bene senza male. Ci spero tanto anch’io, ma forse è solo utopia.
Chissà? Bella l’immagine della lucciola, le ho viste volare tempo fa, così
piccole e fragili, proprio come la nostra speranza di un mondo diverso. Ciao”.
“Sei andato a letto tardi e al mattino fatichi ad alzarti?
Ti capisco: io l’ho fatto per tutta la mia vita lavorativa (e di studio) e solo
da quando sono in pensione le otto del mattino non mi fanno né caldo né freddo.
Ma ciò significa che sono vecchissima...”. Una constatazione che non fa una
grinza, dell’amica che, evidentemente ha letto “Al mattatoio” (Il rifugio
nell’anima).
Grazie anche a te, amica lettrice. Sono realtà, non c’è che dire, che bisogna
affrontare, specie nei momenti che concernono la nostra attività di studio e di
lavoro. Auguri!
E un altrettanto gradito commento da un amico lettore, sempre per “Al mattatoio”
(Il rifugio nell’anima): “Una bella metafora che ci riguarda tutti o quasi”.
“Chi trascina la tua testa e con l’altra mano cala la squarcìna è l’amore che,
per te, ha voluto questa vita di paure. E mena fendenti di libertà, a sgrezzare
quell’ego che, come crosta ribelle, impedisce alla tua luce di essere. Un
abbraccio”. Il commento di per sé ha l’aria di una poesia. Complimenti!
Ovviamente si riferisce “Al mattatoio” di cui sopra (Il rifugio nell’anima).
“Bel batter d’ali...” mi dice l’amico lettore. Ha posto il
suo commento, breve ma pure piacevole, per la lirica che scrissi nei cieli di
Düsseldorf in un ormai lontano 1978. È intitolata “Da un punto del cielo”
(Il rifugio nell’anima).
Il commento che segue si riferisce invece a “Bandiere” (Il rifugio nell’anima): "Una strada, così come la storia, potrebbe esistere pure
senza alcuna segnaletica. Ma ciò non toglie che rimarrebbe pur sempre una
strada, anche se di diverso aspetto. Così gli eventi: confortati da bandiere o
meno, resterebbero pur sempre tali. Magari pure questi avrebbero un corso e un
aspetto diverso. Si potrebbe anche dire così, penso.
Ti ringrazio del commento. Positiva o negativa che possa essere, ogni idea
espressa aiuta a ulteriormente riflettere. E ogni messaggio, ogni commento è per
me prezioso. Grazie. Ti saluto cordialmente.
Per “Bandiere” (Il rifugio nell’anima) L’opinione,
condivisibile o meno, di un amico lettore: ”Si potrebbe anche dire che se non ci
fossero state le bandiere non ci sarebbe stata la storia”.
“Ma che bella!”, espressione che mi pare essere uscita
spontanea, magari accompagnata da un sospiro (lasciate che m’immagini sia stato
così).
La cara lettrice si è riferita naturalmente a una cosa delicata, come “La rosa”,
appunto (Il rifugio nell’anima).
Grazie, cara, grazie: sono certo che mi hai voluto dire molte cose!
“Siamo l’immagine e somiglianza, di quel giocoso signore
misterioso”, afferma il caro lettore per “Caleidoscopio” (Il rifugio
nell’anima).
Presuppongo che il commento sia stato scritto per “O
fraticello…” (Il grido d’allarme), ma non ne sono sicurissimo. Perciò lo
riporto, perché il contenuto mi pare che si attagli esattamente.
Scrive il caro lettore: “Bella e ponderosa domanda, quella che chiude la tua
poesia. Sarebbe auspicabile che non fosse subentrata l'abitudine, ma di santi in
giro ne sono rimasti pochi”.
Per “O fraticello…” (Il grido d’allarme) - un altro amico lettore insinua -:
“Già... sarà solo abitudine?”.
“Certo sembrerà di lasciare tante cose non finite, è
innegabile, però, che sarà un bell'addio con tutti gli amici a scortarti mi è
piaciuta”.
Il commento dell’amico lettore è riferito alla breve lirica dal titolo “L’addio”
(Il grido d’allarme).
Per “Mascagni” (Alfa, anzi, omèga) il seguente commento:
“Mi congratulo e mi pare cosa lodevole che il Sig. T.M. illustri, sia pur
brevemente, vita e opere di musicisti illustri, ed anche di altri...[…].
Ringrazio! Ciao”.
N.B. - Ho omesso la seconda parte della frase perché impropria. Comunque
ringrazio io, il caro lettore, per questo suo messaggio.
“Diciamo allora che quella è rimasta una bella favola
perché ancora oggi membra (la plebe) e stomaco (i patrizi), non collaborano per
un giusto funzionamento del corpo. Ciao”.
È questo il commento dell’amico lettore X, che ringrazio,
per il mio articolo “L’Arte” (Il grido d’allarme).
Il caro lettore X, commentando “Il vero pianeta della
fortuna” (Il grido d’allarme) si “limita” a parafrasare il verso della silloge
nel modo che segue: “Sta nella tua espressione / un grande messaggio / così
riconoscente / che oggi quasi / non esiste più”.
Grazie per la tua attenzione, amico lettore.
Altro commento, da un altro caro lettore per “Il vero pianeta della fortuna” (Il
grido d’allarme): “Un romanticismo tutto particolare”.
“Dalla natura abbiamo in prestito
tutto e un giorno tutto ritornerà a lei. Niente, almeno nelle forme a noi note,
può durare in eterno; esattamente come le nostre vite”.
“Ciao Tommaso, mi interesserebbe sapere di chi è questa frase: vorrei citarla
nella tesi di maturità e mi servirebbe sapere la fonte... Grazie, ciao”.
A questo commento risposi: Modestamente, la frase è mia, ossia di Tommaso
Mazzoni. Altri miei lavori, se vuoi, li potrai trovare tramite il mio sito […] A
te “in bocca al lupo” e vivissime cordialità.
Attualmente detto aforisma si trova inserito nel capitolo
Aforismi e pensieri (Quasi un diario).
Un composito e ben articolato
commento dell’amico lettore X riguardante “Locus minoris resistentiæ”
(Alfa, anzi, omèga): “Se l'amico Tommaso avesse
studiato un po' di biologia o semplicemente si fosse interessato un poco di
evoluzionismo gli sarebbe mancato l'estro di scrivere questo pezzo e a noi
sarebbe mancato tutto il divertimento... Oppure sì... l'amico Tommaso conosce
benissimo le varie ipotesi ufficiali solo che ha voluto un po' giocarci. In
effetti, proprio a partire dall'origine dell'universo, tutto è accaduto in modo
random... E infatti non possiamo assolutamente affermare che il nostro universo
sia unico o che non sia parte di universi più vasti. Nell'infinito eterno vuoto
quantico possono benissimo essersi verificati o con accadimenti in corso, causa
eventi random, diversi big-bang (in luogo di uno solo) con origine di un numero
imprecisato di universi... più o meno paralleli... i multiversi!
Noi stessi poi, come ben dice il testo, siamo costituzionalmente random... anzi
random con rinforzo... nel senso che quando una conquista è fatta poi non si
torna indietro, ma di lì si procede magari con diverse diramazioni.
Il fatto è che il nostro dna è randomizzato "con rinforzo" nel senso che procede
nelle direzioni che gli sono concesse dall'ambiente nel quale la specie deve
sopravvivere... ambiente che prenderebbe il posto dei giganti di cui si parla
nel testo, ma giganti/ambienti anch'essi randomizzati.
In sostanza non c'e' un progetto intelligente che ha fondato o una volontà che
guida, magari c'e' una logica (nr. 1) universale dall'origine… o ab aeterno!
Ed è anche per questo che non siamo cavie: nessuno fa esperimenti su di noi...
siamo noi stessi che ci sperimentiamo... in continuo secondo logica. Questo per
lo meno nella visione laica. Cioè avrebbe avuto ragione Darwin nel dire che,
data la regola iniziale, la logica nr. 1, è sempre meglio lasciare che cose
vadano poi per conto loro. Dico logica nr. 1… poiché nulla esclude che ogni
eventuale universo abbia una propria logica ...nr. 2, nr. 3, ecc...
Nella visione teista invece siamo
cavie: il grande gigante, "dio", o i vari giganti "dei", vegliano su di noi
favorendo o rendendo vani con vari artifici i nostri tentativi di percorrere il
labirinto... verso l'eterno... o verso il nulla: in questo ambito possiamo dire
che noi, o Tommaso stesso, questo mondo l'avremmo fatto meglio... ma non è
sicuro... potrebbe anche essere che l'avremmo fatto peggio… privi di esperienza
come siamo... in fatto di mondi... infatti è facile dire a posteriori che
l'avremmo fatto meglio... Vorrei vedere quale casino combinerebbe chi si
mettesse all'opera per la prima volta... senza nemmeno un modello... casino
inimmaginabile!!!
Comunque la cosa è affascinante… ritengo... o no?”.
Cui, sempre per il commento a “Locus
minoris resistentiæ” (Alfa, anzi, omèga), ritenni di rispondere nel modo che
segue: Il commento di X è intelligente e avvincente. Ne sono perciò onorato e
lusingato, anche perché la mia tendenza è quella di occuparmi di tutto, come del
resto ho fatto fin da giovanissimo; ma, come è stato correttamente intuìto, se
si esclude la musica, non ho alcuna preparazione specifica approfondita in
nessun'altra materia.
In merito al giocare un po' toccando le diverse branche in cui intendo
nonostante tutto continuare a tuffarmi, questo corrisponde al vero, ma è anche
un po' la mia salvezza: se intendessi di entrare in profondita'... oh, povero
me!
D'altronde, nel caso particolare, non si potrebbe pensare, come X ha del resto
ben compreso, che esistano davvero quei ''giganti'' cui ironicamente alludo.
Anche l'idea del random, nelle modalità con cui il cortese commentatore l'ha
ripresa, l'ho trovata convincente e condivisibile, così come gli altri concetti
esposti.
Grazie, dunque, anche a tutti
coloro che, qui o altrove, si sono occupati delle mie varie ipotesi e degli
altri miei meno impegnati lavoretti.
Non potendo proseguire per
ragioni di spazio (e di convenienza: non è, questo, un blog), come invece
meriterebbe il commento ricevuto, porgo il mio saluto a tutti i lettori e il mio
particolare grazie a X, con le più vive cordialità.
Commento per un mio capitolo intitolato “Il CW” (Alfa,
anzi, omèga): “Fa molto bene a compiacersi di sé, Sig. Mazzoni. La radio e il
suo inventore sono di quelle cose che mi fanno ancora sognare. Qualche mese fa
in un vagone ferroviario Eurostar che stava soffocando i suoi passeggeri (si era
rotto il condizionatore e non si potevano aprire i finestrini) anch'io feci
l'esperienza di incontrare un ufficiale con il suo computer. Non mi piacciono i
militari (non mi piace la loro funzione) ma la compostezza di quel giovane
mentre si soffocava mi colpì moltissimo. Saluti”.
“Ho sempre pensato che siamo passati dall'esaltazione della
ragione a quella dell'emozione, proprio quella che vive il nostro tempo, e dico
sempre che non c'è peggior bestemmia di quella del non pensare, del non usare il
cervello visto che Dio ce l'ha dato. Per me non pensare, non riflettere, non
usare il buon senso, equivale proprio ad una bestemmia, ad essere dei
terroristi. Pensa tu... E non trovo che ci sia conflitto fra la ragione e
l'emozione, poiché noi siamo tutto questo, ma l'esaltazione totale di una a
danno dell'altra, allora sì che nascono problemi. Ciao e auguri per ogni cosa”.
È questo il commento al capitolo intitolato “Presentazione” (Chi (ri)costruirà
la ragione?), e naturalmente ringrazio la cara amica X per il gradito commento.
Ciao e auguri a te!
Per “Una e-mail davvero speciale” (Qualche tentativo),
ricevo da un caro amico lettore, che vivamente ringrazio, questo limpido e
profondo commento: «Ecco come un "ragazzino" di ...anta primavere riesce a
toccare il cuore di chi legge, dimostrando che si possono mantenere intatti i
sogni e la purezza dell'anima anche dopo i "trattamenti esistenziali" subiti
dalla vita!».
Sempre per “Una e-mail davvero speciale” (Qualche tentativo) ci riporta invece a
una più riconoscibile realtà il commento della cara lettrice X, con le seguenti
stringate quanto curiose parole: «Interessanti le tue "spigolature". Hai pensato
di chiedere ricevuta della mail? Un augurio speciale, X». Augurio speciale che
contraccambio di cuore.
E un altro commento, nuovamente per “Una e-mail davvero speciale” (Qualche
tentativo), riprendendo il preciso tema: “Una email davvero speciale... Curiose
invece le notizie sotto riportate sul significato della @». Riferendosi al capitolo “Nelle intenzioni”, e da una
posizione nettamente di parte (capirete da voi stessi quale essa sia), riporto
il commento di X. Il capitolo si trova nel libro “Chi (ri)costruirà la
ragione?”: «Non ci sono "intenzioni" nell'Assoluto più di quanto ci
siano cioccolatini. L'Assoluto è indiviso e non composto di parti, né tantomeno
d'intenzioni. Proprio per questo ciò che è potenza diviene atto immediatamente.
Nulla è fuori dall'Assoluto e tutto quello che rientra nella possibilità di
essere... diviene. Ma la realtà che lo caratterizza di più è la libertà assoluta
che diviene relativa e quindi dipendente dalla nostra volontà, oltre che dalla
volontà di tutto l'esistente. È questa volontà che può divenire merito o colpa.
La liberta di essere e anche di dire tutte le stupidate che hai scritto».
Da cui, ovviamente - per “Nelle intenzioni” (Chi (ri)costruirà la ragione?) - il
commento che segue: Le opinioni non possono essere relegate tout court a
"stupidate": è un termine che io non mi sentirei di usare per commentare
un'opinione altrui nemmeno se si trattasse di un nemico; figuriamo nei riguardi
di un amico.
Posso invece capire il tuo punto di vista, anche se non mi sento di
condividerlo. Tutto qui. Ma, come vedi, te lo dico e basta. Nel merito, certo
sbaglierò io, ma che vuol dire? Spero ricorderai Voltaire, anche se forse non ti
resterà simpatico: «Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono
pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa
esprimerla liberamente».
Non sono imbronciato, ci mancherebbe altro! Però il rispetto per le opinioni
altrui va incluso.
I seguenti commenti appartengono a due care lettrici e si
riferiscono al capitolo “I fatti della vita” (Chi (ri)costruirà la ragione?).
Quello che segue è il primo: “Io non credo, per esempio, al caso, penso che
tutto abbia senso compresa la nostra vita anche se piccola, mai insignificante,
anzi... mi stupisco per gli incontri, per gli avvenimenti, per tutto, a dire il
vero, forse perché è sempre viva una parte fanciulla dentro di me o forse perché
avendo a che fare con i bambini, un po' si continua a rimanere tali, chissà. O
forse perché sono convinta che il pensiero stesso sia stupore, quella passione
di pensare che ci rende unici, così umani. O forse per tutte queste cose... gli
incontri certo non li ritengo casuali, le persone non ci possono passare accanto
così. Il mese scorso ho incontrato una persona. Sono andata a scuola per parlare
con gli insegnanti di mia figlia e chiedo alla bidella un’informazione. Mi dice
che non può aiutarmi. Entro in una classe dove ci sono dei professori e lì
chiedo. Si alza una professoressa e mi aiuta. Il suo sorriso ce l'ho dentro.
Aveva un sorriso bellissimo. Non so come si chiama, non l'ho più incontrata. Ma
che fa? Quella persona sarà sicuramente una bella persona e devo dire che non è
la stessa cosa averla incontrata anche se solo per un istante o non averla
incontrata. Perché le persone ci possono far bene anche solo con un sorriso e
renderci la giornata speciale. Non mi conosceva, mi ha aiutata, e non era
nemmeno compito suo, tutto sommato. E così sono andata via con una carezza sul
cuore, ricevuta da una sconosciuta. Non è poco. Grazie per quel che mi hai
scritto, grazie di cuore, X. Auguro a te e alla tua famiglia un buon fine anno e
un 2008 colmo di ogni bene”.
Sempre per “I fatti della vita” (Chi (ri)costruirà la
ragione?), il secondo commento: “Anche io non credo al caso: ma a un disegno ben
preciso che noi non conosciamo. le vite nostre si incrociano perché così deve
essere, anche nel mondo virtuale. Il perché non lo so, ma son sicura che è così.
Pagina interessante, spunto per riflessioni e discussioni”.
Per la breve lirica intitolata “Tempi” (Qualche Tentativo),
il caro lettore X commenta: “Mi ci ritrovo in tutto ad eccezione del tempo della
rinuncia. Io non ho mai trovato qualcuno, almeno di questi tempi, che abbia
rinunciato a qualcosa”.
Purtroppo, caro amico X, non è che possiamo scegliere noi, se rinunciare o meno,
gli è che il tempo della rinuncia proviene da fattori per noi indomabili. E lo
dico aggiungendo anche un bel “purtroppo!” grande quanto una casa…
Sempre relativamente a lirica intitolata “Tempi” (Qualche
Tentativo) un altro caro lettore così commenta: «E ci perseguita anche quando il
"Senso dell'Eterno" si apre alla nostra consapevolezza. Ma da quel momento lo
spadroneggiare del tempo è messo a rischio, perché quando si apre l'occhio dello
Spirito del nostro intuire superiore, il tempo si rivela essere uno stratagemma
che serve a condurre là, dove il tempo cessa di essere. Perché la Conoscenza
metafisica è, essenzialmente, il conoscere al di sopra del tempo».
Un capitolo dedicato prevalentemente alla musica s’intitola
“1949-1999” (Qualche tentativo) è stato così commentato da un amico lettore:
“Tommaso sei un grande! E mi piace il tuo modo quasi ingenuo, absit iniuria
verbis, di raccontare gli avvenimenti della tua vita […]”.
“Mi è sempre mancata la musica. Nella mia vita ho avvicinato altre forme d'arte,
ma la musica mai. Ne ho sempre ascoltata poca, non la capisco. Ora so cosa mi
manca”.
Cosa dire di questo commento, postato da questa cara lettrice per “1949-1999”
(Qualche tentativo): più che lusinghiero, per comprendere cosa sia la musica da
questo mio brano, sebbene lungo e alquanto dettagliato. Grazie!
Il commento precedente per “1949-1999” (Qualche tentativo) è stato rincalzato
dal breve commento di altra cara lettrice, che dice: “Non è breve, ma merita
attenzione: bravo!”.
Grazie, rispondo a lei e a tutti coloro che si sono occupati, con commenti, dei
miei scritti: un onore davvero auspicabile, se non allettante!
Che altro caro amico, con un successivo commento a rincalzo del precedente in
merito al capitolo “1949-1999” (Qualche tentativo), così intende precisare:
“Quella che assomiglia all'ingenuità è un garbo squisito...”.
Infine, questo breve ma piacevole commento di una cara lettrice: “Non è breve,
ma merita attenzione: bravo!”, ancóra per “1949-1999” (Qualche tentativo): Be’
di questo bel “bravo”, amici lettori, non potevo mica far finta di nulla! Mi
perdonerete...
Per “Quell’antica fiaschetteria” (Qualche tentativo). “[…]
Il tuo racconto ha il fascino delle vecchie storie narrate accanto al fuoco.
Rivedrei un po' la punteggiatura dai periodi talvolta lunghi e le forma”, mi
scrive una cara lettrice, alla quale così mi viene da rispondere, semplicemente:
Uno scrittore avrebbe scritto di getto, e in perfetto italiano, mentre io, che
sono solo uno che scrive (uno “scrivente” e non uno “scrittore”, quindi), mi
posso permettere anche il lusso di usare forme non propriamente da letterati (in
un modo da genialoide non saprei nemmeno…): amo la letteratura, così come amo la
musica, ma non sono né un musicista provetto, né tanto meno un… letterato.
Alé, di meglio non so fare: cercherò però di migliorarmi,
questo forse sarà possibile. Promesso! E grazie molte del tuo gradito commento.
“Leggere le tue storie è proprio un piacere - scrive un
caro amico lettore. E continua - “Se il mondo sospettasse che una persona
garbata e discreta come te si diletta a penetrarlo come fai, ti farebbe il
deserto intorno...” è, questo, il commento di un “vecchio”, caro amico lettore
che pòsta questo commento, sempre per “Quell’antica fiaschetteria” (Qualche
tentativo).
Cui potrei rispondere dicendogli che non credo che il mio mondo farebbe deserto
intorno a me, perché quasi tutti i miei amici sanno, e assai bene, che osservo
sempre tutto quanto mi è possibile e faccio le mie valutazioni, ma mi pare che
siano piuttosto aumentati che diminuiti, i miei già numerosissimi amici. E ne
sono felice, credimi!
Il capitolo “La signorina” (Qualche tentativo) ha suscitato
in una cara lettrice il commento che segue: “Sto cercando di ricordare cos'è
uscito dalla mia bocca quando, scivolando in casa verso mezzanotte, mi sono
schiantata contro il muro fratturandomi pérone e malleolo. Ah si... era maggio,
finestra aperta... niente improperi né bestemmie... Solo lunghi lamenti di
dolore. Ricordo che un cane, chissà da dove, li ha sentiti ed ha ululato a lungo
con me, sino all'alba. Ciao!”. Analogie, cara amica. Ma mi dispiace per le
ferite, anche se immagino prontamente sistemate e guarite. Grazie del commento.
Lo strano capitolo che scrissi per “Michel” (Qualche
tentativo) ha prodotto la seguente chiosa: “Il momento nel quale la realtà
scoprirà di essere osservata così intensamente... diventerà così rossa
d'imbarazzo che tutti i popoli del pianeta diranno: - Ohhh! - e ricorderanno che
la luna, quando ha quel bel colore rosato... porta fortuna al mondo”.
Ringrazio l’amico lettore.
Indro Montanelli merita certo, seppure da uno come me, di
essere ricordato. Al mio articolo intitolato “Ti voglio bene, Indro” (Qualche
tentativo), scrivono così alcuni cari lettori: “Ho letto quasi tutto ciò che ha
scritto Indro, con grande sagacie e ironia. Di lui ammiravo ed ammiro lo stile:
in due parole diceva quanto ad altri sarebbe stato necessario un comizio. La sua
sintesi sarcastica e spiritosa, hanno fatto amare a tutti i suoi libri. È la
persona, forse l'unica, che io abbia mai invidiato. Legnoso come un ramo
d'ulivo, sapeva entrare dentro le parole e renderle immense.
Hai fatto bene a parlarci di lui, in questa vita dove un qualunque D. B. (nome e
cognome ridotti alle iniziali, n.d.r.) diventa un genio. I geni veri a volte
finiscono nell'ombra.
Lo chiamavano il Grande Vecchio: scommetto che era Grande anche appena nato,
perché così ci si nasce, e modestamente lui ci… “nacquette”.
Con questo “nacquette”, qui l’amico ha certo inteso di parafrasare il grande
Totò: personaggio davvero unico!
Riportato così com’è stato scritto, per il mio articolo “Ti voglio bene, Indro”
(Qualche tentativo), il seguente commento, “Indro Montanelli si è riscattato
ampiamente, nei suoi ultimi anni di vita, dall'aver appoggiato i ricchi
populisti appartenenti a una destra della quale lui si dimenticò, troppo spesso,
la fonte odiosa. Ma il fatto di essere un uomo e, in più, molto intelligente e
sensibile, gli aprì gli occhi sulla natura e propensione del male.
Indipendentemente dalla parte politica della quale assume i colori”.
Nuovamente il caro lettore X, il quale, per “Ti voglio bene, Indro” (Qualche
tentativo), così scrive: “Grandissimo Indro Montanelli e bravo tu a proporre
questa pagina, una delle poche davvero meritevoli di essere lette.
Grazie di cuore. Veramente ne leggo parecchie, di pagine interessanti dei nostri
amici, ma ti sono grato di questa tua affermazione.
Per “Pagina di diario” (Qualche tentativo), un commento
della cara lettrice X: “Mi sono gustata questa pagina di diario. Solo andando a
piedi si scoprono cose che altrimenti non si noterebbero e solo non limitandosi
a guardare, ma cercando di ''vedere'', scavando nella storia si trovano i
tasselli da incastrare. Senza contare che passeggiare fa anche bene alla salute.
Ciao!”.
Segue il commento di un caro lettore, il quale così
asserisce a proposito della medesima “Pagina di diario” (Qualche tentativo): “Da
qui è passato Tommaso Mazzoni, in un normale mattino d'inizio inverno che si è
illuminato della sua dolcezza curiosa, la quale ha il potere d'indicare il modo
candido di guardare il mondo, nella spontaneità del bisogno di capire”.
Mi fa sentire, questo lettore, come se davvero fossi una persona importante.
Tutto però aiuta, a sollevare il morale delle persone che non ci sono
indifferenti.
Grazie, amico!
Per “Molto difficile” (Qualche tentativo): Tommaso non si
dev'essere mai chiuso un dito in una porta, ecco perché la fisica non ha
interesse per lui... almeno fino a quando l'evento di un livido gli imporrà di
capire il come mai...” scrive l’amico lettore X. Cui, un’amica lettrice fa
seguire la frase, per me piuttosto sibillina: “Un pecetto come segnariga”. Ma
cosa vorrà dire “pecetto”, forse pizzicotto?
“La pertica, ancora è usata da noi e altri che non mi
vengono ora, sistemi singolari di misura, come l'acro e l'ettaro e via dicendo.
Non sono d'accordo su Hesse. Era scrittore d'imbroglio che si spacciava per ciò
che non era […]. Ciao Tommaso, sempre molto interessanti i tuoi scritti. Anch'io
suono, la chitarra e le percussioni, e ho una strana inclinazione al pianoforte,
credo dovuta all'indipendenza con la quale le mie mani si muovono sulle
percussioni e che le fa stare a loro agio anche sulla tastiera”. Questo, il
commento dell’amico lettore e scrittore X, riguardante il capitolo
“Suddivisioni” (Qualche tentativo).
Pareri, sempre graditi, così come - l’ho detto altre volte - ogni commento che
venga scritto per ognuno dei miei capitoli.
“Tommaso, hai fatto un paragone molto curioso, sia il sacro
che il profano alla fine vogliono soldini. Chi dà un santino, chi uno scontrino.
Il santino, almeno non prevede multe”.
Questa riflessione è puntuale, e ti ringrazio, amico X, per quanto hai riferito
al riguardo del capitolo “Parcheggi e processioni” (Qualche tentativo).
“Pensavo che fosse dicembre! Scherzo, chiaramente ogni modo
di pensare si riflette completamente nel dire, nello scrivere, questo modo di
pensare le date, l'ora appartenere profondamente alla nostra cultura al modo di
concepire il tempo, il calendario ecc.” è il commento di un altro caro lettore -
che chiamerò sempre X -, e riguarda il capitolo “Contraddizioni” (Qualche
tentativo).
“Tanti sono i Grandi atti incompiuti... e fra quelli anche
questi fra i tuoi versi. Molto bella. Ciao”.
Così scrive un amico lettore, appunto per “Atti grandi, incompiuti” (Qualche
tentativo).
Postato per il mio articolo intitolato “Diplomazia”
(Qualche tentativo), un commento che di per sé non dovrebbe aver valore,
considerata la ragione per cui è stato espresso, ma che per me vale molto in
ogni caso. È un mio caro concittadino lettore che si esprime così: “Voto a te e
a Empoli, dove sono nato. Chi me l'avesse detto che stamani trovavo la mia città
in un sito di scrittura”.
Ebbene, amico empolese, ne sono contento molto. Grazie a te
e ad un altro lettore, che si esprime così: Vengo spesso ad Empoli, per lavoro.
Mi piace. Ma questo “mi piace” non so se è da attribuirsi alla mia Città o
all’articolo “Diplomazia” (Qualche tentativo).
“..ma lo spirito del Carnevale resta sempre dentro di
noi!”, scrive una cara amica lettrice per “Un carnevale d’altri tempi -
Vent’anni dopo” (Qualche tentativo).
Da osservare che la breve lirica è rapportata alla prima dallo stesso tema,
intitolata “L’ultimo carnevale” (Il rifugio nell’anima).
Nuovamente riferito a “Un carnevale d’altri tempi -
Vent’anni dopo” (Qualche tentativo), un altro commento: “Molto bella.
Soprattutto noto un crescendo di intensità lirica che culmina nelle due ultime
splendide strofe. Ciao”.
Ciao, caro amico lettore. E grazie a te!
“Chissà se è il carnevale ad essere di altri tempi, o se siamo noi quei
coriandoli polverosi, rimasti per terra! Il tempo che passa perde i coriandoli,
rimangono i ricordi”.
È una successiva considerazione sempre al riguardo di “Un carnevale d’altri
tempi - Vent’anni dopo” (Qualche tentativo).
E quante verità, sbucano fuori dalle spessissimo intelligenti e sentite
annotazioni dei lettori!
“Cellulare sfasciamemorie. Amo Firenze” scrive questo amico
che ha letto “Un ricordo profumato” (Qualche tentativo).
Anch’io amo Firenze! Quel boccetto di profumo, comprato in quei luogo preciso
che descrivo nella breve lirica, è stato, ed è tuttora un simbolo che mi fa
tenere legato il ricordo della splendida Firenze in uno con “la” donna che ho
amato, e che tutt’oggi amo.
Il commento seguente è di un amico affezionato, il quale, in merito a “Valori
relativo” (Qualche tentativo), così commenta il mio articolo: “Se è vera
personalità e non semplice individualità... non può essere schiacciata mai,
perché il sé che è rappresentazione interiore della Personalità è universale e
l'essere schiacciato non lo può modificare. L'io, invece ne soffre, perché lui è
egotismo esteriore che cerca l'affermazione e non il sacrificio di sé”.
Un commento postato da questo amico lettore, riguardante il mio articoletto
intitolato “Regole ed eccezioni” (Qualche tentativo): “Eh eh... Tommaso, bisonte
placido e risoluto, stai insegnando alle nuove generazioni con trucchi da
prestigiatore intelligente. Io sono molto meno poetico di te e, forse perché la
matematica era il mio punto dolente... insegno con la matematica, nella
sicurezza di essere, matematicamente, mandato a quel paese... Eccezione e regola
compongono l'unità dalla quale entrambe derivano. Un abbraccio affettuoso”.
Abbraccio affettuoso, amico lettore, ampiamente contraccambiato, e sempre il mio
incondizionato grazie!
“Sempre piacevoli le tue letture, sempre si apprende
qualcosa di nuovo. Ciao”. La breve frase con il gradito saluto si trova su
“Regole ed eccezioni” (Qualche tentativo).
Al che rispondo: - Apprezzamenti incentivanti ad andare avanti: se i miei
scritti sono per te “sempre piacevoli”, per me tali commenti non possono essere
che… sempre graditi!
Ho trovato soltanto il seguente commento, che riporto; se li troverò, riporterò
anche i nomi del capitolo e del libro cui è riferito. L’avevo detto che i
supporti erano diversi, e per di più alquanto impelagati…
“A questo punto credo che anche tu ti volatizzerai o almeno cambierai libreria,
inutile domandare se non fosse stato possibile sostituire la persona assente
forse si sarebbe assentata anche quella!
Ciao". Fortunatamente li ho trovati: il capitolo è “Il rivolo giusto” (Un
bicchiere mezzo vuoto). Ne sono contento!
Per il mio capitolo dedicato “Al Bar «Le Naiadi»” (Qualche
tentativo), i seguenti commenti: “I tuoi scritti sono teneri, efficaci, inducono
alla riflessione e alla convinzione che stai ancora pagando i debiti
dell'azienda che, con il tuo essere tenerone, devi per forza aver condotto al
fallimento!
Alla interpretazione sopra riportata, così rispondo: Ringrazio per il commento
indirizzato per il mio scritto su “Al Bar «Le Naiadi»” (Qualche tentativo).
Davvero gradito. Non essendo questo un blog, mi sono imposto di limitare le mie
note. Però una precisazione è tuttavia necessaria, ad onore dell'Azienda in cui
ho lavorato (e quindi un po' anche a onor mio): la stessa era fiorente fino a
che non l’ho lasciata, quasi vent'anni fa, e viva e vegeta n-o-n-o-s-t-a-n-t-e
quella mia... presenza! Salutissimi a tutti, compresi i saggi burloni!
“Precisione di scrittura: pulita , senza arzigogoli inutili. Bello il racconto.
Ciao” è il commento di un altro caro amico, riferito al capitolo “Al Bar «Le
Naiadi»” (Qualche tentativo).
Non mancano battute facete, a qualche mio articolo! Questa
volta è toccato a quello dal titolo “Il sospetto” (Qualche tentativo). È di una
cara e spiritosa lettrice: ”Ho il sospetto di sospettare che sono
sospettosa...”.
Niente da obiettare, aggiungo io: il commento… me lo sono cercato!
“Sei una buona penna. Bravo!” è invece lo stringato, ma
assai gradito commento della cara lettrice X, postato su “Che fare?” (Un
bicchiere mezzo vuoto).
Un commento, questo tuo, davvero prezioso, per me, e graditissimo; alla faccia
(uno o due, per il vero) di chi afferma di avermi trovato difetti. Grazie in
ogni caso!
Riguardo ai difetti, ripensandoci, ma chi è che non ne ha? Santo non potrei
essere in alcun caso, perché di santommasi, in giro, ce n’è già più di uno…
«Spesso si dice: “quando l'ho sposata/sposato era diversa/o
e ora non so più chi sia”. L'uomo si evolve quotidianamente, e questo suo
evolversi non sempre viene recepito e accettato dall'altra parte. A volte si
trova più comprensione dagli estranei, che notano meno certi cambiamenti.
Trovare un punto fermo non credo sia possibile. Di statico c'è solo una cosa e
non è piacevole! Saluti».
Saluti a te, amico lettore per aver così realisticamente commentato l’articolo
“Un punto fermo” (Qualche tentativo).
Il caro lettore X accoda il suo succinto commento: “La
risultante siamo noi” per il breve articolo dal titolo “Questione di strati”
(Qualche tentativo).
Per questo posso replicare aggiungendo che tutto ciò è regolato spontaneamente
da quegli stratagemmi, cui la natura è ricorsa per ottenere i suoi scopi.
“Novalis e la semplificazione” (Qualche tentativo) si è
evidentemente prestato a commenti giocosi, piuttosto che matematico-scientifici.
La prima è una cara lettrice. Sentite come ha commentato tale articolo: “Vediamo
/ se F diventa una funzione integrabile /anzi lo è / possiamo estendere la
nozione a funzioni non necessariamente limitate / Quindi se è integrabile in
modo improprio è prolungabile per continuità. / Ma se non la limitiamo
nell'intorno possiamo definirla convergente / divertente / fantastica-mente”.
L’altro, di un amico lettore, è del seguente tono: “Avevo già mal di testa prima
di non riuscire a capire manco l'incipit”.
In mancanza di altro, vanno bene anche queste sane e spiritose battute! Grazie,
anzi.
«Come giustamente dici, se non altro la divulgazione di massa anche di brani
''massacrati'' può far nascere la speranza che si crei la voglia di andare
oltre, è un primo passo verso il pianeta musica. Quello vero. Chi ha ascoltato
musica su vinile in un impianto a valvole e tweeter da amatori, non si può certo
accontentare di musica digitale re-mixata. Ciao, grazie per averne parlato». Il
commento si riferisce al capitolo dal titolo “Revisioni” (Qualche tentativo).
Grazie a te, amico lettore, per il tuo interessante commento.
Per “Statura relativa” (Qualche tentativo), scrive un amico lettore:
“L'importante è riconoscersi, sempre”. Al che replicherei che in certi casi non
ci riconosciamo nemmeno da noi stessi. L’esempio riportato nel testo degli
specchi deformanti delle fiere di paese, quando sono fortemente tali, ce lo
fanno comprendere.
Per “E senza bacchetta magica” (Qualche tentativo) così
l’amico X commenta: “Caspita, Empoli-Firenze è un tratto lungo e impervio...
dici che riusciamo a pagare le tasse in versi? Grazie per la chiarissima
spiegazione”.
Rispondo in merito al discorso sul tratto Empoli-Firenze. Gli appunti li prendo
dove càpita, e ovviamente anche in treno. L’ho precisato anche altrove mi pare
più di una volta, e cioè che inizialmente prendo soltanto gli appunti. La
stesura parziale e definitiva, ovviamente, le faccio perciò quando l’ambiente è…
almeno un po’ più tranquillo!
Ti ringrazio per avermi attribuito, più sopra, l’attributo di “chiarissima
spiegazione”... di là da venire, forse. Almeno questa volta ci sarei potuto
riuscire: se lo dici tu…
Un breve commento per “Come un cd-rom” (Qualche tentativo).
Anche questo è di un caro amico lettore: “La pragmatica saggezza espressa dal
verro lascia senza parole!
“Di Tommaso Mazzoni sono andato a leggere qualcosa. Delle
sue, molto m'è piaciuto "L'esempio" (Il rifugio nell’anima), dove pone domande
emblematiche, nelle quali già c'è una risposta, ma non si dilunga in logorroiche
disquisizioni. Naturalmente è soltanto una mia modesta opinione, potrei
sbagliare, ma ritengo che così si fissi l'attenzione sui videoterminali. Su
carta è un'altra cosa”.
Tale il commento di un amico lettore, che ringrazio. Riguarda “Attenzione,
prego”, un trafiletto didascalico che si trova all’inizio dei miei libri.
Una cara amica lettrice così ha commentato “Idiotismi”
(Qualche tentativo): “Interessante davvero, come tutti i tuoi scritti. Ciao”.
Grazie. Un bel complimento, che ho molto apprezzato… e che tenderebbe a far
pendant col precedente! Ciao.
“Lettura molto interessante; ti auguro parecchie letture,
che lo scritto le merita”, così commenta pubblicamente il lettore X per
commentare “Idiotismi” (Qualche tentativo).
Ed io, caro amico, ti ringrazio molto.
Per la breve lirica “Tutto sotto controllo” (Qualche
tentativo), ecco il commento dell’amico lettore X: “Sono d'accordo. La vita è
imprevedibilmente bella, ma nel contempo, ahimè, piena di insidie di cui
sappiamo solo che prima o poi ne verremo a diretta conoscenza”.
Insidie che, sebbene purtroppo ve ne siano, auspico, per te e per tutti i nostri
amici lettori, che possiate starne tutti quanti il più lontano possibile.
Auguri!
Una persona a me molto cara così
commenta pubblicamente i miei scritti in
generale: «Ho un amico, si chiama Tommaso... nato a Spicchio ma trasferito da
piccino a Empoli. Scrive. Libri che son fatti di ricordi. Tutti scrivono di
ricordi. Ma lui li fa rivivere, questi ricordi, te li sussurra, te li racconta-
E par d'esserci, insieme a lui, mentre li rivive. Ho un amico e si chiama
Tommaso Mazzoni». Precisa anche: «e sapete cosa? dice che Spicchio viene
da Ospiculum (Hospiculum, n.d.r.)... piccolo ospizio... io non ho mai
conosciuto uno come Tommaso. E' forte, eh...forte come diceva Celentano...».
A queste così gratificanti espressioni, seguono queste
due brevi, delicate frasi: «Anch'io ho un amico e si chiama Tommaso ed ė
lo stesso Tommaso tuo amico».
La cara amica così conclude: «che bello....è lo
stesso Tommaso che conosco anch'io!!!!!!!!!!!!!!!!!».
“Poesia letta con piacere. Posso dire anch'io quale sia la
solitudine e la mancanza dei luoghi cari e quei rintocchi melodici di campane!”
- così un caro lettore ha commentato la mia lirica dal titolo “Campane”. Il
libro è «Il Rifugio nell’Anima». Aggiungendo poi, senza completare il nome del
Paese dove è emigrato: “Mancano pure a me quei rintocchi melodici. Vivo in
Austr...”.
Come rispondere, cosa aggiungere
se non il mio “grazie” più cordiale e sincero a tutti coloro che hanno voluto
esprimere il proprio commento?!
"Pensieri generosi e positivi si trovano nei tuoi versi...
Vi ho scorto un raggio di sole capace di far fiorire le rose d'amore che ben hai
rappresentato!". Così, a firma femminile, una cara persona ha commentato la mia
poesiòla intitolata "In extremis" (nel libro Quasi un diario).
Cosa rispondere? Grazie, amica, grazie della tua sintonia con i miei pensieri e,
più oltre, con i miei sentimenti. Come vorrei che anche tanti altri lettori
fossero dotati della tua sensibilità...
La lettrice, infatti, non aveva tralasciato di aggiungere la seguente
espressione: "Complimenti e ti lascio anch'io un augurio in questo caso per un
buon 2014, visto che siamo ormai molto vicini...".
Davvero un augurio graditissimo, specie constatando che non molti giorni fa
hanno dovuto ricoverarmi in ospedale (!)... Ora, e fortunatamente, sono però
tornato anche bello (tanto per dire) e pimpante!
Per il mio piccolo lavoro intitolato "Il dio di Nietzsche" (dal libro Quasi un
diario), mi perviene il seguente commento: "Finalmente un po' di pepe
nell'avvicinare la filosofia alle più alte sfere della speculazione... la
creazione è bella se ammirata da lontano, è probabile e del resto tutta
l'iconografia fino all'irrappresentabile arrivata ai giorni nostri è un
grandioso esercizio di arte".
Commento graditissimo, come tutti gli altri atti a farmi capire risvolti, sempre
apprezzabili - per questo capitolo, ma anche per diversi altri -, che
coinvolgono il mio modo di vedere e di avvertire le cose. Lo giudicherei
addirittura qual sorta di specchio della ragione, non sempre così agevolmente
perscrutabile senza l'ausilio di persone erudite ed intelligenti come voi.
Al commento - sempre del medesimo lettore - segue anche una sua più diretta
opinione: - "secondo me Dio una volta fattosi uomo non si è più ripreso e noi
stiamo continuando quell'opera di spoliazione e di travisamento, senza l'ombra
di alcuna passione artistica".
Davvero birichino (quasi quanto me!), l’amico lettore... e anche piuttosto
ammiccante.
“Inconsciamente nella vita, e in particolare nel creare questa grazia di
poesia d'amore, ricca d'emozione. Mi congratulo, caro Tommaso". Così commenta un
amico lettore la mia poesia dal titolo “Vecchia fotografia” (Il rifugio
nell’anima).
Mentre
un’amica lettrice commenta così la stessa poesia “Vecchia fotografia” (Il
rifugio nell’anima): “È commovente la lettura di questi bei versi d'amore,
motivati da un'affermazione di Pavese che condivido e apprezzo. “Carissimo Tommaso, è un
piacere leggere i tuoi, anche se un po' lunghi, a volte, ben scritti
commenti..... si, siamo tutti italiani, ma solo una stretta minoranza sa
scrivere in perfetto italiano e tu sei uno fra questi pochi. Purtroppo
l'italiano come lingua parlata è ben altra cosa, ancora predominano i dialetti.
Io, da giovane parlavo con i miei genitori e amici in dialetto mantovano. Sono
nato durante il ventennio fascista e ricordo che alla prima scuola elementare le
insegnanti erano state consigliate dal regime fascista di evitare ai giovani
studenti di parlare in dialetto, cosa estremamente difficile per me. Avevo però
uno zio prete che era anche un ottimo predicatore ed io, a bocca aperta, mi
sforzavo di capire e ascoltare ciò che diceva e mi fu di grande aiuto e
ispirazione (parlava anche lui in dialetto mantovano ma anche in latino. Ricordo
che conversava con degli ufficiali tedeschi, preti anche loro, in latino. Lo so,
erano altri tempi. Non c'era la televisione e il computer. La radio era un
lusso. Ancora però l'italiano come lingua è parlato da pochi in modo corretto.
Io risiedo a New York da più di 40 anni e sono orgoglioso delle mie origini
lombarde e cerco di mantenere vivo e corretto il suono di questa bella lingua.
Cari saluti.
Ed ecco parte della mia risposta a questo caro lettore: “[...]
Lo so benissimo anch'io, che per certi versi navigo
contro corrente.
Io preferisco avere però i miei “venticinque
lettori” - ora, noto, anche sparsi per il mondo -, piuttosto che vantare
l’apprezzamento del becerume, oggi così dilagante.
Mantenere la nostra memoria credo che faccia parte
dell’immaginario di ogni persona che, nel rispetto reciproco, ama i costumi
propri e li esalta. Io amo la mia Italia e potrei vivere soltanto qui e non
altrove. Ma la conoscenza deve travalicare i confini di Patria e spaziare
dappertutto.
E come è bello avvertire la vostra vicinanza, amici
che apprezzate il buon vivere e l’onestà. Sono preziosità impagabili.
Io continuerò (be’, soltanto per quel po’ che mi
resta ancora da vivere) a percorrere la mia strada. Non è la quantità dei
lettori che potrebbe farmi girare la testa: è piuttosto la qualità, che
perseguo. A questi sono vicino. Dai tanti altri mi sta bene anche mantenerne le
distanze, pur se non ostentatamente: l’abbraccio ideale è per tutti, specie se
dopo aver letto qualcosa delle mie soventi arabescate riflessioni, avverto che
qualcuno si sta avvicinando. [...] Grazie a voi, grazie ai vecchi amici e grazie
anche ai nuovi che intendessero aprire anche solo qualche pagina per le mie
riflessioni e per tutte le mie profuse bislaccherie!
Saluti affettuosi.
Nota “tecnica” - Per i casi occorrenti ho tolto i commenti giudicati impropri o riferenti nomi che giudico non citabili, o che riportano notizie non controllabili, oppure imprecisioni varie: ho sostituito i periodi relativi con parentesi quadre: […].
Naturalmente, a tutti coloro - per il vero tantissimi - che hanno dato un loro
esplicito consenso, semplicemente ma in modo chiarissimo, porgo davvero il mio
più sentito “Grazie!”. Come ai lettori qui presenti, ovvero a tutti voi (mi
auguro che ad interessarvi dei miei scritti sarete in molti…), esprimo il mio
augurio di “Buona lettura!”.
Tommaso.
FINE
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L'autore: Tommaso Mazzoni.